nessun titolo
Esco di casa, e sono in coda. Se c’è il vigile al semaforo, magari fa passare la corsia di svolta a sinistra più celermente. Altrimenti si attende. Metro dopo metro, disappannando il parabrezza, riempiendosi le labbra di strati di burrocacao, disquisendo di filosofia con l’ottenne.
Poi si passa, si dribbla il pendolarismo prescolastico, si scarica al volo il nano davanti all’elementare e si rientra nel girone infernale. Una lunga, noiosa, estenuante coda che attraversa la città isterica.
L’unico punto è quello. Per giungerci ci vogliono 5 semafori e 5 code. Ma poi si arriva. Freccia a sinistra e ci si immette nella griglia di partenza: il cavalcavia della Vempa.
La via giusta per Marghera è la corsia di destra, che coincide nel primo tratto con la svolta per la stazione. Molto traffico confluisce ma devia di là, e comunque rallenta il passaggio del semaforo.
Al centro devi controllare quante auto ci sono, e soprattutto se davanti c’è il "tappo", che ti vieterebbe manovre audaci di sorpasso e rientro sulla destra.
Ma i Veri prendono quella a sinistra.
Io sono una Vera.
Controllo e valuto gli avversari: in corsia 1, sulla destra, lunga fila di auto, di cui in testa un’utilitaria con signora quarantenne con entrambe le mani sul volante, busto inclinato in avanti, occhiale imbarazzantemente ampio e sguardo non del tutto pronto allo scatto.
Bene.
In corsia due, al centro, controllo i concorrenti: un paio di suv, qualche mercedes, un pullman. E davanti a tutti, quasi nascosto…si, c’è: il tappo. Il furgoncino di operai a cottimo. Ce la posso fare.
In corsia tre, davanti a me, voglio essere ottimista: una punto nuovo modello. Dentro, sembra un pendolare, speriamo sveglio. Con opera di telepatia (e accelleratine propedeutiche) lo tengo sull’avviso, incentivandolo allo scatto. Mi concentro. Posso farcela. Cinquecento metri ed è fatta.
Lampeggia il semaforo pedonale. friii tuuu uannnn…. Verde.
Spingo con la forza del pensiero l’AmicoDellaPunto. Oltrepassa il furgoncino degli operai, bene, prosegue dritto, io scatto sulla destra, davanti alla manovalanza motorizzata. Uno è fatto. Con destrezza calcolo il varco tra il secondo e il terzo, ma poi mi dico…è giunto il momento di osare. Si.
Scalo in seconda. Controllo i movimenti e i respiri dei posizionati in corsia uno, e punto a lei, la quarantenne indecisa. Ce la posso fare. Siamo affiancate. Lei si volta e mi guarda: è il momento. Le lancio l’OcchiataSgradevole, e lei cede, esterefatta dall’audacia, dalla cattiveria, dalla superiorità della manovra. Poco più in là la curva secca a destra, che scende per il cavalcavia. Ce la posso fare.
Affondo l’acceleratore, sterzo a destra e lei, indifesa, non reagisce, non accellera, ormai le sono davanti.
Alzo la marcia in una terza sborona, poi una quarta, e si, arrivo alla rotonda, e le sono davanti.
Nuovamente in coda, ma diamine, prima.
Son soddisfazioni.
10 pensieri riguardo “nessun titolo”
Meno male che non incontri me sulla tua strada. Piuttosto che farti passare, ti spalmerei contro il guardrail!
:o)
Nemmeno io mi farei passare, se è per questo.
Ma in quel caso, lo sguardo sgradevole serve anche a questo….
Raikonen, questo sconosciuto…
con due kappa, amo’.
tutte te le devo dire, tutte.
RaiKKonen (fa rima con rikkionen, sarà rugbista pure lui) questo sconosciuto….
Sta cosa dei rugbisti ti intrippa eh? Non è che mi stai diventando….??
fiuu…
l’ho letta col cuore in gola
temevo un crash sul finale
no, dai, che tensione. brava.
“l’accelleratina propedeutica” la pratico pure io. A volte funziona 🙂
apperò! povera quarantenne occhialuta, chissà se ha avuto il coraggio di riprendere la macchina in mano dopo la tua occhiata…