nessun titolo
C’è musica dappertutto. Pentagrammi, real book, sigle scritte su improbabili pezzi di carta. In ogni stanza di musicista c’è il casino creativo, fuori dal quale la musica non suona uguale.
Attacca il cavo, apri il leggio, appoggia le parti, che regolarmente cadranno a terra. E un appunto a matita che alla fine non dice nulla, ma ti ricorda tutto ciò che devi fare.
E le idee, tirate fuori con diplomazia assoluta, per non offendere nessuno, per non offuscare gli altri, timidamente. Le orecchie aperte, il piacere di stare insieme a creare qualcosa, la stima di noi, per ora, fin quando ci starà bene lavorare insieme.
E io me la godo.
C’è quell’atmosfera da tempi del conservatorio, quando non c’era vita al di fuori dalla musica, quando non poteva esistere nulla, lavoro, amori, famiglia… ma solo note, armonie.
Mentre oggi, i nostri figli giocano insieme in un’altra stanza, finiamo presto che domani sono in ufficio, e se il concerto è presto dovrò prender ferie…. Com’è diversa la realtà, da quella che credevo al tempo.
Ed è forse per questo, che quel che costruiamo piano è diventato importante, prezioso.
Porto a casa Miki, e facciamo progetti. E’ tutto contento perchè facciamo quel pezzo di Pastorious, e io son tutta contenta per Shorter, col pezzo che ha il mio nome. Il suo obiettivo è fare cose che non sa fare, e studiarle, e impararle, e sfidarsi. Il mio obiettivo è fare pace con me.
Ho voglia di suonare anche dopo la prova, è alzarsi da tavola con ancora la fame. E’ sentire che devi suonar bene perchè sbagliare sarebbe un delitto. E’ provare una magia, creata dalle tue note. E’ non dover dirle, le cose, perchè ti capiscono subito al volo, senza dirsi, senza guardarsi. E’ sentirsi in mezzo al proprio mondo, stare attorno ad un tavolo prima del concerto, con i miei compagni d’avventura, quasi ignorati dal resto del locale, e fare una scaletta, che non manterremo mai. Un microcosmo elettivo, ognuno con un proprio colore su di una tela bellissima.
Che anche se te lo spiego con mille parole, non lo capiresti mai.
E non sai cosa ti perdi.
9 pensieri riguardo “nessun titolo”
sì, vabbè, e che ne sai tu di una cors acon una palla da rugby in amano e 15 che ti voglion far male e 14 che sono che con te e corrri corri corri e vai dentro il mucchio di muscoli nemici e senti che ti fermano ma non troppo e vai avanti avanti e i compagni si legano a te e arrivi oltre la linea bianca amatodiata e segni e ti abbracci, il mammut è morto, la tribù avversaria sconfitta, la vita scorre in te esagerata.-
occhei, anche io ho esagerato.
Ma cinas, mica parlavo con lei! Lei lo so che capisce. eh.
(le ho mai detto che giocavo a horseball, che ha molto in comune col rugby?…)
Mi hai fatto venire la pelle d’oca … le conosco bene queste sensazioni! Io ancora adesso dopo le prove non riesco a dormire…
E poi quando si suona (per me quasi solo serate nei pub, pochi concerti in teatri o chiese, di quelli con solo uno o due assoli dove la mia chitarra si libra tra le navate e a me sembra di decollare …) e senti che la cosa funziona, stai “creando” ed è (quando va bene davvero) 100 volte più bella di come avresti detto?
Anche io – nel piccolo del mio hobby – cerco di suonare al meglio, dando il massimo; peccato che tra i miei “compagni di avventura” siamo davvero così pochi …
Gran bel post, credimi, so di cosa parli!
Giorgio
fortunata….;-)))
Fla, son mezza fuori tema e mezza no…io devo imparare a cantare devo mi sai dire se ho qualcosa vicino a casa mia?
(considera che il gatto in calore è più intonato di me)
strato, mi avevi chiesto della mia musica…ti ho accontentato!
@maf… grassie!
@capitana, ti ho risposto da te. se ti vòl, ciàmime.
E lo hai fatto alla grande.
Grasssie!
ah, sì. la nota che esce e che non sapevi esistesse fino ad un istante prima. lodi e onore a Shorter (e un po’ anche a Hancock). viva la vita e la musica. magari jazz. magari dal vivo. magari…ancora…