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La bambina chiese ascolto.

Voleva raccontare com’era andata a scuola, com’era bello in film alla tv dei ragazzi, e che gioco aveva inventato con la sua compagna di banco.

Voleva mostrare il compito di italiano, col voto più alto di tutti, orgogliosa.

Voleva mostrare il ginocchio sbucciato, e anche se non piangeva più avrebbe voluto esser consolata lo stesso. Magari disinfettata, con poi un bel cerottone colorato, magari sentirsi una bella predica. Sentirsi raccomandare di stare più attenta.

Voleva chiedere cos’era meglio, se andare alla festa al patronato, o in parco con gli amici. E se quella maglietta azzurra era meglio di quella bianca.

Voleva ascolto. Perchè le sue piccole cose di bimba un giorno sarebbero diventati grandi problemi di donna, e di mamma.

La bambina si è ribellata. Ha pestato i pugni, cazzo ascoltami. Vuoi un gelato? Ti faccio un assegno?

Ma vaffanculo.

8 pensieri riguardo “nessun titolo

  1. ad occhio e croce i metodi che conosco per far passare le incazzature non credo che possano servire per il tuo livello di attacco rabbioso….

  2. Già, non sempre si riesce a considerare che le (per noi) piccole esigenze di un bambino, per lui non sono così piccole… e ne ha ben diritto…

  3. strato, infatti non parlavo di discorsi di bambina.

    Ma se un genitore non t’ascolta da piccola, figurati da grande. E io, da grande, adesso pretendo che mi si ascolti, cazzo.

  4. Ah, ora ho “messo a fuoco”, scusa. Guarda caso, è un problema che ho sempre avuto coi miei, soprattutto con mia madre che ha un carattere forte e intransigente: invece di insegnarmi a difendere le mie ragioni (sacrosante, anche solo perché mie) e le mie esigenze (idem), ha sempre cercato di impormi le sue. Ha smesso (anche se mai completamente) quando, una volta che son diventato cresciutello, si è resa conto che me ne fregavo… perché per mia fortuna anch’io non ho un carattere docile.

    Però adesso guardando al passato mi rendo conto del danno che mi ha fatto, abituandomi sin da piccolo a “perdere tutte le mie battaglie”; ho fatto l’università e sono entrato nel mondo del lavoro con quell’atteggiamento di continua rinuncia di fronte alle idee degli altri, e quello è il modo migliore per non andare da nessuna parte. Non che la carriera mi interessi gran che, ma avrei potuto di certo avere qualcosa di più dalla vita…

    Ed è un errore che cerco di evitare con mia figlia, lasciandola combattere per quello in cui crede anche se a volte questo significa farsi frantumare gli zebedei…

    Ciao e scusa per lo sfogo, magari qui eri tu che volevi sfogarti…

    Giorgio

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