L’elemosina
La “mia” parrocchia è quella dei miei, della mia infanzia, dove mio figlio fa’ catechismo, dove mio padre fa’ l’accolito. Insomma, a un po’ da casa mia, in un altro quartiere.
Una chiesa moderna, con un parroco gajardo, che è venuto fin a Oderzo a sposarmi (in moto, un Guzzi spettacolare), mi ha poi sostenuta durante la turbolenta separazione (dandomi ragione, te pensa), senza considerarmi “immonda” e facendomi leggere le letture alla messa d’anniversario di matrimonio dei miei, come dei miei amici. Io, che proprio praticante non sono, forse grazie a questo obsoleto parroco riesco a riappacificarmi con Dio, ogni tanto.
A pasqua, Gabry ha insistito ch’io facessi la comunione. Quando ormai la fila era finita, il Don mi ha aspettato fermo davanti all’altare. Ammetto, mi son commossa, sembrava proprio che…. vabbè.
Stamane ho qui una DIA, per alcuni lavori alle vetrate, devo preparare l’integrazione di pagamento, e imporre alla “mia” parrocchia di pagare entro trenta giorni la parte di diritti non pagati. Una routine, capita spesso da quando han cambiato gli oneri.
Ma penso al mio nano, che ha messo un euro per la candelina, e 5 nelle offerte. E penso che questi andranno al comune, e di seguito, nel mio stipendio.
Ci pensavo, ecco, tutto torna. Alla fine.
Tutto qua.
2 pensieri riguardo “L’elemosina”
tutto passa. tutto torna.
i finali degli ultimi tuoi due post.
così, ci ho fatto caso.
puoi lavorarci
è quasi un racconto
e dice così tanto di questo nostro tempo