Quando hai un musicista in ufficio
Al Bar io e Franco mangiamo una briosce, assieme al caffè. Ci arriva la battuta, tanto banale quanto vera, “ma dai, anche i musicisti mangiano?”.
Ci sono altri colleghi che nemmeno sanno, ed è bizzarro che qualcosa di così forte non sia visibile all’esterno. Qualcosa di cui andare fieri, una chiave di violino tatuata negli occhi, nella mente, nelle azioni.
Un valore aggiunto, con tutti i pregi che i musicisti hanno: l’impeto creativo, il carattere tenace, la costanza e la mania di perfezione, la predisposizione per la tecnologia, l’apertura alla collaborazione come alla leadership. E la resistenza alla fame.
Eppure c’è quell’altro, che “pensi solo alla musica”, e ti senti arrabbiato, offeso, frustrato. Come fossimo esseri infetti, o nullafacenti, o idioti illusi che pensano e pretendono di essere al pari di un architetto o di un ingegnere, solo perché suonano uno strumento (“embé, anche mio zio suona la fisarmonica”) e hanno fatto il conservatorio.
Già, i musicisti sono alla fine della catena alimentare.
Ma poi, poi capita la collega che ti infila delle cuffie nelle orecchie, con l’adagio di Marcello, e ti chiede che ne pensi.
E niente, pensi che sei un virus in certi ambienti, e ringraziando il cielo riesci ad infettare qualcuno, rendendo quell’ambiente migliore, almeno un poco.
2 pensieri riguardo “Quando hai un musicista in ufficio”
Leggo questo tuo post senza nemmeno passare per la “Home” o per altri click distratti. Sono un infettato, da tanti anni, e nonostante tutto ho tirato un bel respiro di soddisfazione grazie alle tue parole.
Complimenti e… a presto 🙂
@superM, sono felice di averti dato un sospiro di solidale sollievo. Un virtuale abbraccio, una pacca sulla spalla e andiamo avanti, fratello. In fondo, dai sacrifici fati ne esce la musica migliore!