As usual

As usual

Passeggi e sembra di essere a casa tua. Guardi milioni di ristoranti cercando di tenerli da conto, come se tutte le sere si cenasse a Londra. Vedi i supermercati e senti l’istinto di far la spesa per casa, riempiendoti di frutta gigantesca e pane arabo.
E ci pensi, che qui non è da farci una vacanza, questo è un posto dove venirci a vivere. Anche se son solo 4 ore che sei scesa dall’aereo.

Attorno ad un tavolo, amici occasionali con svariate coniugazioni d’accento inglese, birra e improbabili patatine al gusto sale e aceto. Io propongo il mio multiculturale cabaret da italiana simpatica, in mezzo ad un miscuglio di avventori del pub che fanno risaltare la multiculturalità di questo paese.

E poi penso che la medesima fighissima multiculturalità ha fatto bum, tre giorni fa.
Qui attorno i negozi hanno una vetrina di compensato, messa lì quasi come abbellimento. Quasi non ci si fa caso, nemmeno al negozio di elettronica, devastato solo due giorni fa, dal “recreative looting”, e rimesso in piedi con orgoglio proprio con le impalcature di compensato.
Ed anche qui una scritta: OPEN, AS USUAL. Che mica è successo nulla, eh.

Forti, sti inglesi.

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