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Tutti seduti in circolo. Abbronzatura opaca ancora addosso, primi maglioni sgualciti addosso e chiudi la finestra che fa corrente. I moderni di qua, i classici di là, io definitivamente messa tra i primi, nonostante il passato. E il divertente sta nell’ereditare anch’io quello sguardo da "voialtri che non leggete il pentagramma", eccome no. Quella di lirica, a cui faccio simpatia, si siede in fianco a me, col suo look discutibile e il suo accento triestino impostatissimo. Gli altri sono tristi, madonna se son tristi.

Il direttore della scuola ha una quindicina d’anni di più dell’ultima riunione (di giugno scorso). Non ce la fa, lo guardo e me lo ripeto. Spiega le cose, si ingarbuglia, e chiede se ha sbagliato le date le cifre che cosa… brusio di disapprovazione, metà dei docenti non hanno ben chiara la situazione.

A me invece fa tenerezza. Si è trovato a settembre senza la sede e con un secchiello di promesse politiche. Ha sborsato una cifra seria per affittare una sede in tutta fretta, che peraltro è bella da morire, per non lasciare tutti a casa, allievi inclusi.

Sentite, ma poi, quest’anno, che progetti, cosa ci inventiamo, avete delle idee… i miei colleghi mi guardano, come se chiedessi la carità. massi, vedi tu, facciamo come l’anno scorso, eh si, mancano dei docenti, chissà chi lo farà, ah io no io nemmeno non se ne parla proprio….

Gabry segue il batterista-che-fa-sangue. Lo aiuta, si fa per dire, a montare gli strumenti nella nuova sede. Qualche lezione la farà, sembra che davvero gli piaccia. Lo guardo, il mio figlio musicista, e in lui vedo i miei allievi, e gli allievi degli altri che son sempre anche un po’ miei. Mi dico che davvero quest’anno non sapremo se si prenderà lo stipendio, davvero non ci voleva. Che me lo dicono adesso, fosse stato giugno mi cercavo un’altra scuola.

Salgo in macchina, guardo il balcone dove stanno appendendo uno striscione enorme, che annuncia alla città che l’accademia sopravvive, che si inizia tra poche settimane. Nonostante le crudeli promesse di sindaci e compagnia bella, nonostante lo sfratto per edificio pericolante (che mi immagino a quale banca lo venderanno…), nonostante il malcontento tra gli insegnanti che prenderanno ancora meno, e quello degli allievi con 5 euro di retta in più al mese.

Salgo sull’argine, c’è un tramonto da paura…. nuvoloni neri, grigi, violacei, e un sole che solo così può sembrare arrogantemente bello. Il rosso dipinge tutto, anche il traffico dell’ora di cena. Mi sento abbattuta, demotivata. Parlo con Gabry, cerco di distrarmi, scendo per la discesa che porta alla casa di Andrea, e lo vedo lì col sorrisone.

E in frigo ci sono le torte avanzate dall’altra sera, quando ci siamo ritrovati con la mia classe. I miei gioielli. Li focalizzo, mi concentro, scavo nella mente alla ricerca di quella sensazione,che mi prendeva uscendo dal portone della scuola la sera, col cuore gonfio d’orgoglio, sentendo di aver dato qualcosa loro, sapendo d’essere servita a qualcosa, sentendo che loro servono a me forse molto di più.

Ingrano la marcia, torno in strada, e Gabry canta ancora una volta Smoke on the water. E i pensieri si spengono.

5 pensieri riguardo “nessun titolo

  1. ah, il pentagramma.

    è legato al mio orribile trauma musicale.

    un po’ lo sapevo leggere.

  2. Glielo dico, io il pentagramma lo leggo da quando ho 4 anni.

    E ho la presunzione di dire che ora so leggere anche oltre. Mentre la mia opinione su quei colleghi (iniziamo con le maestrine di pianoforte?..) è identica a quella su di un buon impiegato del catasto.

  3. Devono spegnersi solo i brutti pensieri; gli altri, che ho letto sparsi qui come piccole luci di quel tramonto, devono restar sempre accesi. :-*

  4. quella sensazione lì non lasciarla andare e tienila per i tempi duri. Ma come senza stipendio? Ma come senza pentagramma?

  5. …placi… luci al tramonto. Bellissimo.

    @maf, senza stipendio fino a novembre. senza pentagramma un piffero, che ho litigato con quello di teoria e solfeggio (manco sanno che nota c’

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