Andiamo per ordine

Andiamo per ordine

Si parte un venerdì pomeriggio, stipata tra tastiere e chitarre nel carrozzone, sbarcando in quel tempio di jazz dove vorrei fare jazz mentre invece faccio finta. Come una scimmietta in gabbia di un ruolo che le hanno appiccicato addosso. E pensare e ripensare che si è fatta la cazzata. E vedere dopo la mezzanotte le note di chi avrà metà dei miei anni, star lì sul palco mentre io sono già in "post-concerto", con un mojto acquoso in mano, e una sottile vergogna addosso. Che vorrei salire lì, io. A gratis. Senza lustrini. Senza presentazione. Senza microfono.

Un’ora di sonno, poi un carico di mp3 sull’Ipod, e sette ore di viaggio per raggiungere l’unica cosa che nella mia vita conta.

Un viaggio scomodo, un treno stipato di gente indifferente, io rinchiusa nel mio mondo di note, occhiali scuri e pensieri cupi, con tanta voglia di prendermi a schiaffi. Quando poi le cose possono migliorare, ovviamente peggiorano.

I commenti galanti e quelli quasi spinti degli avventori del mio tragitto, un fiorentino che mi ci porta lui a Piombino in braccio , un napoletano della moby che mi porterebbe anche altrove, e qui e là le scemenze ad una fanciulla che viaggia sola, il caldo, il sole, o forse la faccina da cane bastonato che mi ritrovo.

L’arrivo in porto, il mare. Dieci anni fa, sul battello, rimanevo abbracciata al fresco marito. Partimmo col bancomat bloccato, anche se lo venni a sapere solo nell’isola. Per tre giorni tonno e pane, comprati con le monetine sparse nella macchina. Dovevo odiarlo, ma ero sazia di quell’amore cieco, ingestibile, da prosciutto sugli occhi. Ero felice, ero comunque felice. E ora ho qui un groppo allo stomaco, forse ricordo della fame di diec’anni fa, forse per la rabbia che non mi andrà mai via.

Il mio cucciolo mi salta al collo, lui è partito ieri con gli amici e la morosetta (la sua). Mi siedo alla tavola della cucina, con il profumo della mozzarella e del basilico, il sorriso di Eleo e la pace che mi da stare a parlarle. Mi sento al sicuro. Io ho bisogno di sentirmi al sicuro, ora, metter giù le armi e dimenticare la mia vita.
Giocare coi due bimbi, organizzare il pranzo e la cena, scegliere il costume e la spiaggia, e spegnere, spegnere, spegnere il telefono.

Gabry un giorno va anche in crisi, dice " mamma….ho invidia!". La rabbia di vedere la sua amichetta, con la mamma e il papà insieme. Che lui non ce l’ha un papà, "e mi piacerebbe averlo", e io a bluffare con pro e contro di situazioni e complicazioni. Anche a me piacerebbe, ma non ci sono fatta, per far la moglie. 

Due notti dopo, 39 di febbre. Quattro notti dopo, guardia medica, antibiotici, cortisone, oltre al resto che già prendevo per la forte anemia che mi hanno riscontrato prima di partire. Cinque giorni su sette, a letto. Un incubo.
La tosse che uccide, la gola in fiamme, una laringite da Guinnes. E una testolina bionda che si sente in colpa, e senza la mamma non vuole andare in spiaggia. Povera mamma. Povera mamma.

Gli ultimi due giorni, me ne frego di tutto, sto male ma voglio stare con te,  maschera e snorkel, ti prendo per la manina e andiamo a nuotare in fondo, vicino agli scogli, che ci sono pesci che non hai mai visto. E sono enormi, ce ne sono mille, e anche se non tocchi c’è la mamma che nuota in fianco. Poi facciamo un castello con la sabbia, con attorno tutti i bambini della spiaggia, e tu che ti vanti che mamma fa la capanna intrecciando le alghe, e il mulino, e alla fine la pista d’atterraggio per gli elicotteri. Che la mamma è matta, e ti piace così. Piena di sabbia fin le orecchie per giocare con te. Piena di febbre, di tosse, di mal di testa, ma chissenefrega.

Torno a casa distrutta, sotto chili di medicinali (e l’odiato cortisone) senza sapere ancora cosa ne sarà della maledizione della mia gola. Sto pure in ufficio, che star male a casa non serve, magari recupero qualche ora per portarti ancora al mare.

Certo, che belle ferie. Come non fossi capace di star serena una settimana, in questo mio trancio di vita. Rimane forte però l’immagine di quei due bimbi, che litigano a morte, e dimenticano tutto dopo un istante. Che giocano, e che da soli non si sarebbero divertiti tanto.  La vacanza di Gabry, così com’era giusto che sia.

E ora, avanti. Curiamoci, che tra un anno torno in ….ferie..

20 pensieri riguardo “Andiamo per ordine

  1. Tesoro, spero che la mia vita viri sopra un treno, com’è capitato a te.

    Di tante cose che c’accomunano, possibile che proprio questa debba saltare?

  2. Una mamma che vorrebbe molto, molto volentieri che la ruota girasse.

    Quanto manca?

    Che di brutte notizie ho fatto il pieno anche oggi.

  3. @cinas, forte? Vado una settimana in ferie e crollo subito con la laringite acuta?

    ….Ti dirò. Vorrei essere una madre normale. E ogni tanto, anche donna, essere umano, a se stante.

    Ma far la mamma è l’unica cosa che, più o meno, mi riesce benino.

  4. Alla fine del tunnel. Alla passata del guado.

    O a una benefica, più volte sollecitata, più che meritata botta di culo!

  5. Poteva andar meglio, ma è una vacanza che sicuramente ricorderai. E poi si vede che sei una Mamma giusta, e il tuo bambino questo lo apprezzerà sempre.

  6. Che culo, povera!!

    Saranno stati i pensieri del passato sul traghetto che t’hanno fatto abbassare le difese?

    Anche a me la ruota gira male di questo periodo:

    – lunedì scorso mi rubano il portafogli al’università

    – due giorni dopo, stesso posto, mi parte lo scooterone.

    …… Sono a piedi 🙁

  7. @budo, la ricorderò, certo, come tutte le altre. Appena mi passa la febbre.

    @Silly, anche te a sfiga sei in ottima posizione! Fa’ così, vieni con me a Lourdes. O al Louvre, ci facciamo benedire dalla Gioconda.

  8. Gabry è proprio fortunato. Lui davvero non si dimenticherà.

    Tu, solamente sfigata, temo…

    Leti

  9. Se vuoi passo al: guarda il lato positivo, in fondo non hai passato tutte tutte le vacanze a letto.

    Sei andata due giorni in spiaggia, no?

  10. Leti, guarda il lato positivo di oggi: una tizia mi ha appena chiesto se sono incinta. Che mi si vede dagli occhi.

    No dico, parliamone.

    (centra nulla, ma mi ha sconvolto)

  11. Hai gli occhi incinti?

    O ha scambiato il luccichio della febbre per gioia materna?

    Leti

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