La temperamatitologa
La giornata è ideale per andare per Venezia: diluvia, il motoscafo è stracolmo, xe umido, tremendamente umido. Invisibile, mi incastro nella processione pendolaristica verso Rialto, isolata dall’universo da musica improbabilmente jazz nelle orecchie, e un certo senso di sgomento nel pensare a che genere di discorsi mi si prospetteranno di lì a pochi minuti.
LUI mi aveva chiamato solo il giorno prima “DOBBIAMO PARLARE”.
Ah, ma son preparata. Non vado mica a dirgli gli ovvii motivi, sarò profescionàl, gli dirò…. voglio ampliare la mia esperienza lavorativa, progredire, acquisire nuove competenze, ….e fondamentalmente imbucarmi in un ufficietto dove non farei un cazz prendendo l’identico stipendio misero che prendo ora che mi faccio il mazz…. ehm. Dicevo.
Nuove competenze, ampliare gli orizzonti, inserirmi in un nuovo ambiente, alla ricerca di nuovi stimoli. Suvvia, son una musicante, che diamine ci faccio a far conti…. perdincibacco Direttore, mi lasci andare per la mia strada. Lasci spiegare le mie ali professionali verso nuovi lidi, amplifichi la mia sete di nuove esperienze, lasci rinnovare il mio entusiasmo con nuove situazioni, conceda la mia professionalità affinchè possa portare ovunque ciò che mi ha arricchito dentro in questi anni.
In sostanza. Voglio il trasferimento.
Entro. So cosa dire, so cosa dire.
Lui mi fissa sornione. Faccio il mio discorso, con toni informali come mi è cordialmente richiesto. Progredire, orizzonti lavorativi, esigenze professionali, crescita delle competenze. Quanto so’ figa quando faccio sti monologhi. Mi sto convincendo da sola. Lui mi ascolta, paziente, attento.
Finisco. Sono stata chiara, esplicita, grandiosa. Potrei andare in politica di corsa. Sicuramente in sindacato, almeno. Sorrido. Non può sfuggirmi. E già vedo lo scatolone (che lo fan vedere sempre nei telefilm, lo scatolone con dentro fotografie, pinzatrice ed ammenicoli, e si lascia la scrivania per sempre…), vedo Mario abbandonato al suo destino, un po’ di malinconia subito soffocata dall’orgoglio. E nuovi colleghi, mansioni diverse, nuovo servizio, nuovo numero di telefono. E finalmente, addio scadenze, addio pubblico, addio smaciullanti professionisti, addio stress assurdo a costo di stipendio da impiegatina. Farò l’usciera. L’autista. L’addetta alle fotocopie. La temperamatitologa. Qualsiasi cosa. Si. La mia vita finalmente avrà una svolta.
Lui mi guarda. Mi sorride. E dice due lettere. Secche. Sorridendo.
No.
Senza eco. Senza riverbero. Manco un effettino. Semplice semplice.
No.
Sottotitolo: manco per il cazzo, tesoro.
Mi dà due baci, straccia la richiesta di trasferimento, e mi augura buon lavoro.
Mi stima, il mio Direttore. Non mi vuole mandare via. Eh si. Son indispensabile, fondamentale. Un mito.
Non oso ribattere. Lo saluto, ringrazio, e torno in ufficio.
Ora so perfettamente cosa vuol dire.
Becca, e contenta.
6 pensieri riguardo “La temperamatitologa”
ho chiesto l’aumento una sola volta nella mia vita, dopo sei anni e passa nello stesso posto. dopo tre mesi come risposta alla mia domanda m’han licenziata.
poteva andar peggio, insomma.
@search: peggio? e come?
peggio per laflà, intendevo.
@search: scusa avevo frainteso il senso.
@laflauta: cerca di meglio. non c’è cosa peggiore del lavorare scontenti. forse solo fare il lavoro che non piace.
@fran, meglio di un lavoro da statale, dubito fortemente. Poi il mio lavoro preferito ce l’ho già, dalle cinque del pomeriggio in poi…
Ti ha fregata ben bene…
La fregatura per chi lavora nella PA è che devi passare attraverso il trasferimento perché il datore di lavoro è sempre lo stesso.
D’altronde, se una persona è valida (e viene via con poco), perché dovrebbero privarsene?
Sanno di avere il coltello dalla parte del manico.
Diverso sarebbe se tu trovassi un’altra occupazione al di fuori e dessi le dimissioni: vedresti che (forse) qualche timido tentativo lo farebbero.
Ti confesso che anche io, se avessi una collaboratrice come te, mi guarderei bene dal lasciarla andare via ^_^, però allo stesso tempo farei di tutto per arricchirla di stimoli, conoscenze ed esperienze (in mancanza di conquibus), di darle validi motivi per rimanere e lavorare nelle migliori condizioni.
Nel tuo caso, bisogna vedere anche se ci sono tuoi colleghi che, a parità di livello, esperienza, capacità e quant’altro, percepiscono stipendi spudoratamente superiori al tuo (sempre che tu conosca queste informazioni).
Roberto