la ballerina
Abbassò il coperchio della tastiera, mentre lei toglieva le scarpette, la grazia di farfalla posata sulla panca, e le lunghe leve piegate come fragili steli d’acciaio.
La guardava, non sapendo più perchè l’amava, il suo volto da bambina, la sua risata appassionata, e la sua foga ad aggrapparsi al suo braccio quando uscivano insieme, rendendolo orgoglioso e felice di esistere, come se vivesse solo in quel momento. Oppure amava la prima ballerina, la disarmante bravura e sapienza e grazia, quel divino che non sai spiegare, che la faceva brillare tra tutte, invidiare da molte, ammirare ed amare, solo per un giro di punte.
Due passi, un bacio distratto. Due forcine tolte dai capelli, appoggiate sul piano, qualche opinione distratta sul lavoro, i suoi progetti, okay ora a cena e poi vado a dormire, e domani ricominciamo. E scivolò via, a cambiarsi, cantandosi Prokofiev, immersa nelle sue cose. Sospirò, il pianista accompagnatore. Un sospiro d’amore, un sospiro deluso, ma come, anche stasera, ma io vorrei uscire. Adesso glielo dico…. si adesso… “…ovvio che se vuoi che usciamo, basta che mi dici, eh, non voglio essere al centro del mondo..” si scaricò la coscienza. Il suono della doccia, nello spogliatoio, e la stanza di specchi e gesso lo lasciò da solo, tra i suoi pensieri. Riaprì il piano. Chiuse gli occhi, strizzandoli, cercando gocce di musica nella memoria. E suonò, qualcosa di bello, difficile, che ancora riponeva nelle dita. Era tutto lì, di quando era un pianista, di quando aveva qualche aspirazione (ma quando vuoi, puoi anche riprendere), di quando non l’amava. Come se amarla così glielo avesse imposto lei… ma no, su. Colpa sua, aveva iniziato col gioco del “sei importante tu”, la sua piccola étoile diventata cometa, e lì a mettersi da parte, in un gioco da crocerossino idiota, che lo frustrava, e masochisticamente ne godeva. Eppure. Era solo ieri quando aveva davanti il Rac due, e le dita che andavano autonome, e il polso da ammorbidire, e tutte quelle scemenze da solitario pianista che lo rendevano incompreso, malinconico, sovrappensiero. “ma che roba stai suonando? che bella, potremmo farla..”
No, no, questa è roba mia, non ti impossesserai anche di questa! … “ma no, è robetta, pensiamo al tuo programma” Lei uscì sgallettando, telefonando ad un’amica, parlando di passi, pliè, e interludi, e altre cose inconsulte. E io, si ripetè il pianista, e io.
“ah, amore… la giacca….prendimela che l’ho scordata lì sopra…. ma dove avrò la testa!…”. Uscirono, la ballerina famosa e il suo mondo, e dietro a portarle la giacca, il pianista accompagnatore.
La guardava, non sapendo più perchè l’amava, il suo volto da bambina, la sua risata appassionata, e la sua foga ad aggrapparsi al suo braccio quando uscivano insieme, rendendolo orgoglioso e felice di esistere, come se vivesse solo in quel momento. Oppure amava la prima ballerina, la disarmante bravura e sapienza e grazia, quel divino che non sai spiegare, che la faceva brillare tra tutte, invidiare da molte, ammirare ed amare, solo per un giro di punte.
Due passi, un bacio distratto. Due forcine tolte dai capelli, appoggiate sul piano, qualche opinione distratta sul lavoro, i suoi progetti, okay ora a cena e poi vado a dormire, e domani ricominciamo. E scivolò via, a cambiarsi, cantandosi Prokofiev, immersa nelle sue cose. Sospirò, il pianista accompagnatore. Un sospiro d’amore, un sospiro deluso, ma come, anche stasera, ma io vorrei uscire. Adesso glielo dico…. si adesso… “…ovvio che se vuoi che usciamo, basta che mi dici, eh, non voglio essere al centro del mondo..” si scaricò la coscienza. Il suono della doccia, nello spogliatoio, e la stanza di specchi e gesso lo lasciò da solo, tra i suoi pensieri. Riaprì il piano. Chiuse gli occhi, strizzandoli, cercando gocce di musica nella memoria. E suonò, qualcosa di bello, difficile, che ancora riponeva nelle dita. Era tutto lì, di quando era un pianista, di quando aveva qualche aspirazione (ma quando vuoi, puoi anche riprendere), di quando non l’amava. Come se amarla così glielo avesse imposto lei… ma no, su. Colpa sua, aveva iniziato col gioco del “sei importante tu”, la sua piccola étoile diventata cometa, e lì a mettersi da parte, in un gioco da crocerossino idiota, che lo frustrava, e masochisticamente ne godeva. Eppure. Era solo ieri quando aveva davanti il Rac due, e le dita che andavano autonome, e il polso da ammorbidire, e tutte quelle scemenze da solitario pianista che lo rendevano incompreso, malinconico, sovrappensiero. “ma che roba stai suonando? che bella, potremmo farla..”
No, no, questa è roba mia, non ti impossesserai anche di questa! … “ma no, è robetta, pensiamo al tuo programma” Lei uscì sgallettando, telefonando ad un’amica, parlando di passi, pliè, e interludi, e altre cose inconsulte. E io, si ripetè il pianista, e io.
“ah, amore… la giacca….prendimela che l’ho scordata lì sopra…. ma dove avrò la testa!…”. Uscirono, la ballerina famosa e il suo mondo, e dietro a portarle la giacca, il pianista accompagnatore.
2 pensieri riguardo “la ballerina”
Non si può fare a meno di tifare per il pianista accompagnatore….Lorena aveva ragione…bella scrittura 🙂
Grazie 🙂 Lorena è troppo buona, però..