Il termine non è appropriato, si dovrebbe esser "popolari" prima. Ma tant’è.
Mi sono immersa nel mondo dei blogger, quelli veri dico, per due giorni. Il motivo principale, stare due giorni coi miei compagni di merende, staccare dal lavoro e curiosare. Ho poi trovato quasi tutti i miei compagni di twitter, confermando le mie opinioni su di loro, ed è stato bello.
Bello, e angosciante. Tornare a casa è stato un sollievo.
Mi si intenda: non sono nessuno per giudicare gli altri. E ribadisco, ringrazio Iddio di non esser nessuno. Non potrei scrivere questo post (per furtuna mi leggono in 5 e posso permettermelo) senza rischiare la fustigazione sulla pubblica piazza. Però, o voi tutti miti blogger da una stellina e mezza (come me), vorrei dirvi perchè non dovete rammaricarvi di non esserci stati.
Esulo il discorso interventi e dibattiti ai vari camp, ammetto di non aver seguito se non in minimissima parte, complice il diluvio incessante, e sulla fiducia posso affermare che quelli meritavano sicuramente.
Ma il resto. Il resto sono blogger, o meglio, automi di blog, di twitter, di "non vivo se non lo posto". Ho visto gente, alla blogfest, ma tanta gente dico, col portatile sulle ginocchia, a chattare o mandar twitter continui. Ma cazzo, siamo tutti li, a chi cazzo vai a twittare, mi chiedo. Seduti in un angolo, guardandosi intorno a testa altissima, della serie "vedetemi". Ostia, io non lo so chi sei, allora chiedo ai soci intorno, che in talun caso mi dicono "è ffhdshfcsht di ffhdshfcsht.com". Aaaaah. Quasi con scherno, perchè per me era fondamentale il particolare giocoso del mettersi un’etichetta come al super, sulla giacca, col proprio nome…. macchè, sono proprio una nerd io.
Che poi, mi presentano un sacco di persone, coi nomi di battesimo. Bello, ah si. Noi, della vitavera. Peccato che non posso ricollegarti a nessuno, e solo dodici ore dopo capirò che quel simpaticone assurdo è il Confuso, e non un anonimo simpatico che fa casino. Gli stringo la mano, "io ho comprato il tuo libro!" riesco a dirgli.
E poi penso, quante belle persone mi sarò persa. Tutto per quello sforzarsi d’essere persone quando ho l’opinione che si sia tutti avatar anche nella vita reale.
Qui tutti si prendono sul serio, mica palle. Non si danno del "cazzone" ma del "cialtrone". Si Skypizzano stasera, si linkano dove andiamo a cena. Non guardano la tv, hanno tutte le serie in streamin’… in lingua originale. Di rado sento che citano i post reciproci (come succede a me con gli amici blogger), non so se si leggono, non so se si seguono. Sento di liste infinite di feed e sensi di colpa del non riuscire a leggerli tutti. Mentre io, ribadisco, nerd, vado link per link, che mi diverte di più quel sobbalzo d’attenzione quando noto un post nuovo.
E cado nel tranello.
Ribadisco ogni pié sospinto che sono bionda e scema, svampitina e ignorante.
Non lo so, mi viene in default. Non riesco ad evitarlo, e mentre faccio sta sceneggiata insulsa, mi insulto sottovoce.
Ma che ne so. Non mi sentivo inferiore, o superiore, ma semplicemente…. a disagio. Ero un cronista svedese in un villaggio nuragico keniano. Se rendo l’idea. Diversa, e con una voglia infinita di sentire un bel discorso da bar sport sull’apertura del ponte di calatrava. O qualsiasi cosa non intelligente, con termini non ricercati, e senza alcuna ombra di terminologia inglese.
Tutti legami, che mi soffocano, con il pc, col virtuale, con tutto questo universo di "chiedimil’amicizia" di cui sono anch’io fan accanita, ma fino a che non spengo il pc.
E penso al mio amico. Al mio amico che senza il suo blackberry in fianco non vive, e mi sberleffa se gli parlo ancora di "sta cazzo di vita reale, che non esiste".
Mi sento vecchia. Oppure, viva. Io che posso suonare, cantare, toccarti. Senza una webcam.
Ho conosciuto persone bellissime, s’intende. Ho cenato e pranzato con persone diverse, credo le migliori di tutta la blogsfera, ridendo e sentendomi molto in gita del liceo. Tirando fuori, mio malgrado, la parte più idiota e frivola di me, per difendermi forse. Ma sentivo tutto molto lontano da me, dal mio blog aggiornato quando mi annoio, dalla mia scrittura senza mai rileggere, dal mio "non seguire quelli importanti".
Ecco. Blogsfera è anche questa, quella dei precari (come me) della rete. E che alla blogfest non sanno cosa dire.