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In attesa di imbarcarmi per la piovosa autostrada verso Riva, ho un mancamento.
Un po’ il fegato, un po’ un venerdì mattina stressante di carte sulla scrivania, un po’ un senso di solitudine.
E la voglia di non parlare più di me, o la non voglia di parlare di me.
Sono avvolta dai "vorrei fosse". Inizio una storia d’amore clamorosa con un nome troppo noto, e quando gli amici lo nominano mi sboccia un sorriso in bocca che mi tradisce, e mi riempio di comportamenti idioti per mascherarlo, che non voglio si sappia, non ora.
Ho troppe cose da fare, ne faccio mezze e male. Ho la sindrome dell’ultimo minuto, da mesi, e dimentico le cose fondamentali per scemenze. Passo un’ora in cerca degli orecchini, e dimentico gli occhiali da vista. Rimango a guardarmi le mani mentre dovrei scrivere. Sogno sforzandomi, studio non capendo nulla, mi rilasso senza riuscirci. Il telefono squilla sempre, meno quando vorrei. E dimentico mail, messaggi, a cui rispondere.
Viaggio attaccata ad una zattera, eppure mi godo il sole e me ne frego.
Prendo un calmante per il fegato, preparo la borsa e stiro la camicia. E ti ascolto.