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Autore: laflauta

sadicaflauta

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Mi hanno chiamato di notte, rimandato lezioni e poi dato buca, tirato pacchi clamorosi. Arrivavo in Accademia, e classico dei classici, sempre all’ultimo momento, non posso veniiiiire, ritardo due minuti, no dieci, sono in parcheggio arrivo, sto male, ho il colera, sono in gita in Antartide, non te l’ho detto?….

Dimenticavano spartiti, quaderni, testi, microfono, mp3, testa. E non han studiato un cazzo tutto l’anno.

Per non dimenticare il pacco clamoroso di due seconde voci su due, ad un mese dal saggio, le crisi isteriche, la depressione, e blablabla…. Ma ormai è finita. 15 giorni, il saggio finale, e per luuuunghissimi mesi non li avrò più fra le balle. Ah si.

Ma ieri. eh beh, ieri. Hanno avuto l’esame. Uno per uno, dentro, col Direttore a fustigarle per bene. Direttore che è peraltro tenore di professione, pianista e organista e compositore e tuttologo. Le ha viste tutte al microscopio, le ha fatte leggere a prima vista, cantare a testa in giù e roteando un hooola hop con ogni caviglia…

Guardandolo schiacciar le guancie a Laura, mentre le faceva ripetere un vocalizzo con guguguguguguguguguuuuu (gu… eheh, ma sarò bastarda..), e lei rosso porpora, tremante, sudando, con lo sguardo che implorava aiuto. E io nooo, morireeeee, vi arrangiate belle mie. Tiè. Ecco.

Che soddisfazione. Ora si, ora son pronta per farmi sto culo quadro per i loro saggi. Sono sufficientemente appagata.

 

(sono state bravissime, mannaggia a loro! ma non diteglielo..)

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Si insomma, il collega carino se li guarda tutti. Amici, Saranno Famosi, X-factor. Adora i programmi musicali, ed è vano ogni mio tentativo di redimerlo verso esempi di professionalità musicale più… adeguati.

Io infatti non ne ho mai veduto che fotogrammi in mezzo all’isterico zapping.

Ma ieri. Ieri aveva una camiciola aderente, con i pettorali torniti dal nuoto trisettimanale che premevano la stoffa e i bottoncini tiravano. Ah se tiravano.
E qui si è sensibili all’intelligenza di un uomo.

Indi, mi son fatta convincere a vedere sto X-factor. Come inizio, avevo un gruppo che nettamente mi piaceva più di altri… ed è stato eliminato. Ah beh. Poi una voce "originale", originalmente la copia sputata di Amy Winehouse (nelle intenzioni almeno). Poi bei faccini e occhioni blu, giusto giusto intonati ecco. Dj Francesco, addirittura bravo a tener le redini della cosa. I pooh in un triste playback (dal vivo solo la vena del collo di Facchinetti) degno del miglior circolo anziani. Il resto erano spettacolino tra Morgan e gli altri giurati, di tristezza profonda tale era il livello stomacalmente basso.

Ma mi chiedo.

La Ventura. Cosa cazzo c’entra la Ventura. Cosa cazzo ne sa di musica la Ventura. Non me lo spiego.

Allora si diceva, era una camicia bianca aderente, che disegna proprio i pettorali e scivola sugli addominali torniti…

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C’è probabilmente il mondo dei ricchi, e il mondo dei poveri. Altrimenti non mi spiego come possa accadere che prendano certe decisioni assurde.

Si, certo. Il mio è un problemino da niente. Non è politica, non è finanza, non è calcio. Non è Alitalia, non è clandestini rumeni, non è aumento del prezzo del petrolio al barile. Il mio è un comune imprevisto di organizzazione familiare.

Han deciso che per aiutare le famiglie l’inizio delle scuole avverrà il 22 settembre. Eh si, così potranno andare in ferie in mesi meno costosi dell’ormai proibitivo metà agosto. E gli albergatori ne guadagneranno il 40% in più, dicono. Evviva. Che risparmio, caspita.

Non so. Mi chiedo se questi hanno figli. Se hanno nonni e babysitter a gogo’. Se possono prendersi tre mesi e mezzo di ferie.

Ma io dal 6 di giugno al 22 settembre, dove lo metto il pupo?

Con un minimo di 75 euro a settimana per i centri estivi, andrei a 1050 euro per tutto il periodo. Peccato che giugno, metà agosto e settembre non siano coperti da attività simil-scolastiche. Indi dovrei prender un quintale di ferie, ma qualcuno l’ufficio dovrà pur reggerlo anche d’estate.
Ah già, come dice Brunetta, in comune son tutti fannulloni, dimenticavo.

Si, sono arrabbiata. I diritti dei ricchi, ecco cosa, davanti a quella dei poveri Cristi come me. Discorso semplicistico e sempliciotto, da populino comunista, ditemi pure quel che vi pare. Ma non riesco a pensare diversamente. Mi sento davvero una massaia che sbarella davanti all’aumento del prezzo delle zucchine dal fruttivendolo, che bestemmia contro il governo e ribalta le cassette delle verdure per aria.

Ma non ho altro che un blog. Quindi sorbitevi il mio sfogo.

Ed ora, come sempre, troverò una soluzione. In qualche modo, farò.

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– Non è che mi aiuti a svuotare casa mia di là? Voglio buttar via un mucchio di cazzate, i mobili, gli scatoloni, buttar via polvere e dare una lavata,  e chiuderla definitivamente. Un lavoraccio insomma, e non riesco mica da sola, dovrei chiamare un’impresa di pulizie.

– e certo così mi fai fare il manovale, ecco, a questo ti servo, zoccola! Mai che chiami gli altri con cui esci, bastarda!

 

Okay. così non va. Proviamo un altro approccio.

 

– Sai potremmo passare più tempo insieme. Un weekend in Croazia a guardare il tramonto, e ricordare il passato…ma anche…. dimenticandolo…

– ..in che senso amore?

– …sai. Non so come chiederlo. E’ che… devo sbarazzarmi della mia vita di prima. Voglio dimenticare.

-…….

-….dimenticare per poter ricominciare, finalmente, a credere in un futuro….

–  tu lo sai, sono qui, quando hai bisogno io ci sono.

– voglio andare a casa mia, di là, e gettare via tutto. foto, ricordi, vestiti, mobili….

– ……

– …ma da sola non ce la faccio. Non ce la faccio, cancellare tutto, continuo a rimandare, ho paura di pentirmi di buttar via quei ricordi, ma devo farlo.

– …. si, ti capisco… ma….. chiami giusto me per far fatica eh? mica chiami il batterista….

– …io con te… con te mi sento sicura. Protetta. Conosci tutto di me, e sai darmi la forza di andare avanti.

– ……

– ….. ho bisogno di te. Ho paura di tornare li, venire avvolta dai ricordi, dalle frustrazioni, dalle lacrime che ho versato in quelle stanze. Ed ho bisogno di qualcuno forte (..) che sappia guidarmi. E scuotermi via da tutto questo.

– ……

 

Macchè, non ci casca. Ultimo tentativo.

– Amo’, devo sbaraccare casa, un lavoraccio. Però te la do dopo.

– Okay, anche una pompa?

 

Ecco. Ci vuol poco a convincere un uomo.

 

 

a prescindere.

a prescindere.

Una nube di polvere rossa si alza ai lati della macchina, mentre proseguiamo per la strada sterrata, in mezzo al bosco. Controllo di non prendere troppe buche, piano piano, i finestrini aperti per concederci i profumi del bosco attorno. Non un’anima viva, eppure alla sorgente avevan detto "son sette chilometri, li poi c’è il villaggio nuragico".
Ostia, non so nemmeno cosa sia un villaggio nuragico. Potrebbe essere anche una setta nudista di Hell’s Angels. O una comunità di vegani in crisi etilica. O un centro commerciale a tre piani.

Mica gliel’ho chiesto, sai che figura, io so BENISSIMO cosa cazzo sia il villaggio nuragico.

Intanto la nube rossa ci invade, mentre passiamo sopra una sorta di ponte di sassi, dove passano appena le ruote dell’auto. Prima o poi si arriverà, mi dico. Una discesa paurosa, ci porta all’apertura della vallata: colori intensi, rossi accesi, verdi smeraldo, giallo e rosso dei fiori. Tutta questa natura che sta li a dirti, a prescindere.
Ah si, lei sta li a prescindere. Le baie celesti, la sabbia bianca, come queste vallate di pura poesia, stano li a prescindere da me.
Arriviamo. L’archeologa ha una maglietta sinistroide e la bandana in testa, esempio bizzarro di par condicio. Mi dice, certo che vi porto, se volete di là (per loro è tutto "di là", ma non ti fanno un cenno con la mano, una piantina, o la mera indicazione "destra-sinistra", penso sia un test d’ammissione, o sadismo allo stato puro) c’è la grotta.
Sembra di esser ai Murassi del Lido. Ci arrampichiamo tra le rocce, mi capacito che le passeggiate sugli scogli hanno temprato le capacità del nano, e arriviamo ad una fessura enorme nella roccia.  Visitiamo la grotta da soli, giochiamo agli esploratori.

La nostra guida al villaggio nuragico è ciò che nel mio immaginario dev’essere un pastore sardo. Ci mostra, ci spiega, sopporta i nostri tempi e le nostre domande. Siamo solo noi e lui.

– ma questo profumo che sento ovunque… cos’è? dolciastro,… buonissimo.
E mi viene in mente che da me, i profumi dolci son sinonimo di perdita di gas da Marghera.

L’omino mi parla delle piante. Il finocchietto selvatico, che qui i pescatori lo mettono pure in foglie sull’agnello. E i fiori, quei cespugli… In realtà lo so che vuol dirmi, è natura mia cara, ha questo profumo qui sai.

E penso a quanto mi mancano gli odori. Il prezzemolo appena tagliato. Le mele sull’albero. I cespugli di rosmarino del vicino di casa, da cui rubare i rametti per l’arrosto. E le piante dei pomodori.
Mentre faccio la mia lista mentale, il tizio mi guarda e ridacchia, dobbiamo sembrare due imbeccilli cittadini.

Torniamo per la stessa strada sterrata (altri sette chilometri, infiniti), ad ogni curva un paesaggio diverso. Gabry canta sopra il cd che suona in macchina, cantiamo insieme, e la sua vocina intonata si arrotola alla mia con una dolcezza infinita.

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Ci sono storie che iniziano, sbocciano, e appassiscono.
Altre iniziano piano, carburano, e vanno avanti a lungo.
Altre che durano in eterno, tra alti e bassi, e altre che semplicemente, finiscono.

La nostra ha avuto un picco di cottura, s’è bruciata, e ora sta li. Non finisce, non riparte. Sta li gongolando sulle cose che ancora abbiamo in comune. E stiamo bene, come un’ernia che si doveva operare anni fa, ma ormai ci si è abituati, affezionati, ed è utile per sapere quando cambia il tempo.

Questo finale non me l’aspettavo. Insomma, mi aspettavo un finale. Adesso, seguendo logica, dovrebbero succede un mucchio di cose, mentre invece non succede nulla. Tutto fermo, stabile. E’ come un mal di testa, che da fastidio, ma non tanto da prenderti il moment. Anzi, ogni tanto quasi quasi passa.

Che culo.

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Il posto è bello, il viaggio piacevole.
Ma capacitarsi di dover passare una settimana di ferie a fianco alla pizzeria "ve la diamo calda" mi preoccupa alquanto.

Azzo.

Il ricordo, di tante, tante valigie fa.

Il ricordo, di tante, tante valigie fa.

Una maglietta sopra l’altra, i calzini arrotolati, la biancheria nel sacchetto di juta. Il beauty essenziale, la spazzola, il phon. E i cd, la fotocamera, il telefono.

Un sospiro d’ansia.

Poi lui, a riempirle il resto della valigia con un po’ di tutto. E la maglietta non stirata, ma tanto in valigia vedrai che si raddrizza da sola. Mah.

Una valigia in due. Le cose l’una in quella dell’altro, e lo spazzolino infilato tra i suoi ombretti. Però non è che mi va tanto di dargli spazio, si dice.

Carica la macchina, sali, mo’ si va. Dove?… boh, intanto andiamo. In…… in giù, direi, che c’è caldo. Un vento di incoscienza che le sbriciola i buoni propositi, e la voglia di abbandonarsi a quello scellerato amore. Un bambino sei, proprio un bambino.

Ah si. Bel casino, si ripete. E manco per caso le veniva in mente che mai come allora sarebbe stata, incoscientemente, e disordinatamente, felice.

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Giulia guarda il mare, e ci annega la testa. Si fa schiaffeggiare dalle onde, raggelare dalla temperatura ostile, trascinare senza volontà ovunque se la porti.
Giulia non si oppone, non si ricorda come si nuota, non sa fare nemmeno il morto.

Non pensa, guarda soltanto. La tempesta è solo li, che tutt’intorno è calmo. C’è un bambino con una paperella che gioca sulla bassa marea, due donne che camminano con l’acqua alle cosce per snellirsi  la figura,  e due mariti  con la panza che fuoriesce dall’elastico del costume, senza inibirli lontanamente. E dall’altra parte, il gruppetto di adolescenti, con i due che fanno i pirla, la bella, il ciccio.

Giulia guarda il mare, e si sente goccia tra le gocce. O forse, uno scoglio, che sta li lo stesso anche se l’acqua lo travolge e affoga.

Giulia esce dall’acqua, si asciuga con l’asciugamano ruvido, si sciacqua i pensieri neri di dosso. Si avvicina al chiosco dei gelati, e chiede uno stick. Il tizio la guarda storto, e lei precisa "un ghiacciolo alla menta".

Giulia compie settantanni, ma le sembra ieri.