19
Arriva il giorno in cui ti volti e vedi lui, il tuo clone, molto più figo di te, essere un uomo.
E’ sempre lo stesso, gli stessi occhi azzurri e profondi, i capelli senza una volontà ordinata, il fisico slanciato e sbadato, il cuore immenso, delicato e tormentato, il carattere forte come il granito. Non più il tuo bambino, non più solo tuo figlio. Ti aggrappi al suo braccio, cerchi il suo conforto, ti aggrappi alla sua mano per attraversare, non più il contrario.
Non ci siamo mai allontanati.
Io ho vigilato su di lui e lui su di me, carezzando dolcemente i difetti l’uno dell’altro, coprendoci da grandinate di problemi, abbracciandoci e facendoci forti a turno attendendo che rischiarasse.
Ci siamo mandati al diavolo tante volte. Io di più, perché i genitori pensano sempre di aver ragioni migliori per perdere il controllo. Lui di meno, o almeno non sempre di fronte a me. Ma siamo sempre rimasti amici, famiglia, squadra.
E soprattutto, abbiamo vissuto un sacco di avventure. Abbiamo vissuto ben più del quotidiano. Abbiamo parlato di qualsiasi cosa, da ragazzi, da adulti, insegnandoci parti della nostra vita. Abbiamo volto lo sguardo l’uno verso l’altra senza doverci dire nulla. Abbiamo riso, santiddio quanto abbiamo riso, mille e mille volte. Ci siamo viziati di desideri, sogni, obiettivi, ci siamo presi cura l’uno dell’altro prevedendo le necessità dell’altro, in un equilibrio perfetto.
Abbiamo suonato insieme, in sintonia ancestrale.
Abbiamo cucinato l’uno per l’altro, abbiamo cucinato insieme.
Perché la cucina è come la musica, è un gioco di idee, incastri, rincorrersi e passarsi il cucchiaio. E far gustare tutto agli altri, che a noi piace un sacco già solo il prepararlo.
Stamattina è uscito prestissimo, con 19 anni nuovissimi, affrontando la sua vita così come l’ha voluta gestire, prendendosi responsabilità di azioni e decisioni, con equilibrio e lealtà.
Lealtà, come diamine avrà imparato ad essere leale in questo diamine di mondo. Lo guardo e non sento di aver alcun merito per quello che è, non sarei mai stata in grado di renderlo così.
E dicendomi “così” ho finito ogni aggettivo. Sono così grata di averlo come famiglia.
E’ la cosa più fottutamente bella che potesse mai accadermi.
Auguri Lele.