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sei davvero un poveraccio.

sei davvero un poveraccio.

Io PRETENDO sia costituito un girone dell’inferno per i mariti che non versano gli assegni di mantenimento del figlio, ne’ tantomeno il costo del dentista, dopo aver rimarcato alla moglie (come se quest’ultima fosse la poveraccia e lui il grande imprenditore) di portarlo da "uno bravo, che gli faccia un bel lavoro".

Sto aspettando un migliaio di euro da due mesi. Adesso mi sto incazzando.

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Prologo: pochissimo traffico per esser un primo pomeriggio, uscita cessalto. Vedo in fianco alla mia uscita il tratto di qualche metro di Guardrail nuovo. Esco, passo sotto il telepass, svolto a destra, passo sopra il cavalcavia. Rallento. Strada deserta, mi fermo un istante. Quel tratto di asfalto nuovo, e poche auto che ci passano sopra, non sapendo che proprio lì.

Sono atterrita. Gabry guarda distratto, si stupisce che mamma sia così impressionata. Proseguo.

Prima scena. Bimbi che giocano, la mia amica sta svezzando un pappagallino, lo sfigato della covata, e mi racconta a riassunto un po’ di cose. Torno a lavorare, me lo accettano al nido a ottobre, le maestre di inglese, la gatta che era da mia madre, la cavalla ormai la darò a qualcuno che non monto mai, bla bla. Appare il marito, capelli lunghi, sembra Mal dei Primitis. E’ orrendo, ma gli sono amica, mi limito a cantare Furiacavalodeuest, lui non capisce, non sa se offenderi o meno. "Ma no, stai bene", mento indomita.

Seconda scena.  Arrivano a cena altra coppia con figlia, che si unisce al resto della prole giocante. Quindi due coppie a tavola più amica single . Non vi dico chi sono, eh, indovinate.
Lei in pantalone jeans pinocchietto, sandalo a spillo, una bella signora sulla quarantina. Lui, camicia bianca aperta al terzo bottone, con pendolo in oro al collo.
Hanno avuto una spiacevole discussione con la figlia, clima da guerra fredda. Ci si gestiscono i contendenti: la figlia si allea agli altri delinquenti, la madre viene fatta accomodare in prossimità del prosecco, lui si siede a fianco a me. Sembra simpatico. Sembra.

– insomma dei diplomata il flauto. E poi? Gli altri due strumenti?
– ehm. se ne studia uno solo eh, e basta e avanza.
-e…il clarinetto? è uguale no? ma poi, a me pare sia come per le lingue, su, mica ti laurei in una sola, devi saperne almeno tre, quindi direi almeno tre strumenti in una botta sola…
– no guarda, un musicista passa anche 12 ore sopra il suo strumento, ogni giorno, mica hai tempo per suonarne mille, a quel livello.
– ah. ma il piano lo sai suonare?
– …beh si…
– ..la chitarra?
– …si, anche quella,..
– visto? sono tre strumenti.  Avevo ragione.
Desisto.

– però, non abiti proprio a Mestre, è periferia.
– mah, non direi proprio… è un quartiere come altri, molto popoloso, residenziale…
– già. ma non è il centro. nel centro si svolgono le funzioni principali della vita cittadina, per un paese come quello sorto dopo la guerra, quando pian piano i veneziani han colonizzato prima le zone subito dopo il ponte della libertà, poi le aree a fianco alle ville patrizie, e sociologicamente la struttura della città si è modificata nel tempo, attraverso la rivoluzione industriale….

Da qui in poi, storia romana, medievale, gli unni (e gli alltri), incluso il ’68 e i domini della chiesa.
Una conferenza, insomma.
Dentro di me gridavo "AIUTO".
Onore ai bimbi che interrompono il monologo chiedendomi di fare da giudice alle loro olimpiadi di acrobazie da giardino. Mi scuso mortificata, interrompendo un’analisi dei gas del sottosuolo friulano e relative incidenze sul mercato edilizio, "sai, i bambini, che ci vuoi fare, scusami..:" e fuggo.
Poco dopo me lo dicono, fa il sindacalista.

Scena tre: sfiziosi bastoncini di carote, finocchi e cetrioli da sgranocchiare, e un meraviglioso arrosto. Il discorso finalmente salta fuori. "come mai non ti sei risposata". La moglie del sindacalista, mi fissa con ammirazione, ed invidia. Si piomba sul discorso uomini che non si prendono responsabilità, donne troppo mascoline e interessate alla carriera.

– …mah, da me ci sono moltissime rumene. Bellisssssime, con un gran senso della casa, della famiglia, non rompono le balle, affettuose accondiscendenti. Non sono come le "nostre", sempre così pretenziose…

La moglie esplode. Miliardi di particelle di rabbia, disinibite dal prosecco, si spargono nell’aria, assieme ad uno "stronzo bastardo" che si cerca di ignorare, ma scivola nel discorso. Il resto son posizioni scontate: gli uomini trovano le rumene perchè non vogliono rapportarsi con teste pensanti. Le rumene però fanno figli, e non pretendono niente per se. E si fanno mantenere, noi italiane invece vogliamo la carriera. Non è vero, siamo obbligate a lavorare, eppoi siamo noi ad occuparci di casa figli e tutto. Taci tu che non sai nemmeno pagare una bolletta. E tu donna, senza di me moriresti. Che son io che porto avanti la baracca.

Io cerco di mimetizzarmi tra le pesche disegnate sulla tovaglia. Ogni volta che i toni tra i due coniugi hanno dei picchi preoccupanti, la padrona di casa minimizza, con classe e garbo, ma il clima è tesissimo. Il top è un tentativo per mandarci tutti a casa, il padrone di casa interroga "su, vi mando a letto:  chi domani deve andare a lavorare?". Le tre donne della tavolata alzano la mano. Imbarazzo totale, risata liberatoria del sesso debole. Insomma, debole.

Finale: riprendo l’auto, senza aver bevuto, che non son tempi. Prendo nuovamente il casello di cessalto, per tornare a casa. Passo sopra l’asfalto nuovo, giusto il tempo per fare un segno della croce, e un pensiero a come…sian tutte cazzate. E la luce ti si può spegnere così, un attimo.

 

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Osservava le altre due amiche gesticolare, illustrare nei dettagli, esagerare con colorite metafore azioni, situazioni, sensazioni, e …dimensioni. Era divertita, incuriosita, come fosse la sua sit-com preferita.

– …e tuo marito com’è?

Oddio. Raggelò.

In un attimo, l’immagine di Franco si fece chiarissima nella sua quotidianità. Seduto sulla sedia di cucina, con una mela e i suoi incisivi sopra, scricchiolando esageratamente, braga della tuta grigia tagliata al ginocchio, maglietta slavata color "fu pesca, ora forse salmone", e ciabatte da mare dondolanti sulla pianta del piede. E la pancetta, il dondolio mentre cammina, la stempiatura importante.

I calzini. Le mutande. Le sue amiche le dicono che quando un marito ha un intimo troppo accurato, ha certamente un’amante. Bella consolazione, si dice.

Telecamera alta, occhio di bue ad illuminarla, immagini che scorrono su di lei. Lei ragazzina, Franco che la intorta in discoteca, e i primi fiori, le prime vacanze, poi il matrimonio, le bambine, e poi il girone infernale delle stesse cose, le stesse cene dalla suocera, lo stesso supermercato, l’agonia di organizzare le ferie, e lei che si sentiva di un’altra generazione.

E Franco. Obiettivamente non posso definirlo "attraente". E’ bravo, certo, affidabile. Non spende in cazzate, non si ubriaca con gli amici, non ha hobby che lo portan via dalla famiglia, e non è così amante del calcio. Ma attraente, quando stravaccato sul divano con ridicoli pantaloncini e una maglietta dei nirvana sgualcita che non gli compre nemmeno la pancia, s’addormenta russando a bocca aperta, ecco, proprio no.

– …insomma, ecco, è ….un marito. Un qualsiasi marito.

Le era venuta così. Frase ideale per chiudere la domanda, senza inutili particolari o metafore. Le amiche non insistettero, cambiando discorso su qualche pettegolezzo di sorta.

Ma quel "qualsiasi" rimase appeso nell’aria.  

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La testa piena di cose che non voglio più scrivere.
I ricordi intasano il presente, un macigno pesante che affanna il respiro, e le azioni.

Tutto come prima, mi son voltata di nuovo e proseguo. In mezzo al disgusto, il disprezzo, la rassegnazione, l’incapacità di perdonarsi la solita leggerezza.

La pelle, quella pelle che manca, quel litigarsi di continuo, le giustificazioni di comodo per la pigrizia di rimettersi in carreggiata. E accorgersi di sentirmi davvero troppo serena e sollevata per non avere la botta di ritorno.

Il vento sul palco ad accarezzarmi le note, eppoi sempre più forte, più forte, e d’un tratto il diluvio. Correre a ripararsi, ringraziando un temporale per aver interrotto qualcosa che mi annoia. E torna tutto, torna sempre. Perdonare è accettare di pentirsene tra poco.

E quando i rimpianti son terminati, si prosegue. Proseguiamo.

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Non è così bene cambiar le foto. Ci passi accanto da anni, senza più notarle. Ora che ne hai sovrapposte altre, noti che non ci sono più quelle di prima, e invece che cancellare, sottolinei.

Come una casa dipinta di nuovo. Ti da’ voglia di riempirla di novità.

Ecco. Ho ridipinto, da me. Ma l’umidità delle solite bugie torna fuori. Devo darci un’altra mano, una tinta più intensa.

 

Per dirla senza metafore : per cancellare quel pezzo di merda del mio ex.

Che poi non mi si dica che son criptica.

 

 

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Sono "attivissima" in rete , nel senso che scrivo, appartengo a community e gruppi di discussione, dal 2000.

Sono da sempre "flauta", ma ormai è elemento distintivo della mia vita websferatica, più che musicale.

Molti amici, conoscenti, colleghi, leggono il mio blog, senza che io lo sappia. Poi, certo, ogni tanto sanno "troppe cose di me", e mentre io racconto qualcosa li vedo già sorridere, che già la sanno. Indi devo premunirmi di un vasto repertorio di battute per ogni aneddoto, scongiurando il rischio di ripetere  a voce ciò che i marrani hanno già letto. Niente riciclo di boutade insomma.

Con ciò non intendo dire d’esser celebre in rete, anzi, se arrivano qui è perchè ci arrivano a causa, diretta o inconscia, mia.

Però.

Ammetto che quando, alla storica lezione di armonia (per sto cazzo di esame, ndr) il buon Grancompositore mi ha visto vaneggiare di fronte a sostituzioni di titono, ed ha esclamato "diamine, flauta!" qualcosa mi ha fatto dire, azzo,…………… non so le sostituzioni di tritono.

Ma soprattutto.

Ostia, pure lui legge il mio blog.

(dovrei fare una giornata delurkin’, ma non ho coraggio, credetemi)

ho un blog

ho un blog

Commento di un nuovo amico, incontrato ad un concerto,  (sul quale sto fantasticando troppo, il che è indice di flop clamoroso) che mi contatta attraverso il mio myspace:

"Divertente la tua presentazione! hai mai pensato di scrivere? magari già lo fai…"

Potevo dirgli: "Certo, ho una raccolta di saggi brevi che vorrei pubblicare, sono redattrice di un’importante rivista, sto andando giusto alla presentazione del mio quinto romanzo,  sto gestendo la sceneggiatura di un colossal imperniato sulla mia biografia, scrivo con lo pseudonimo di Paulo Coelho, sai che stress la celebrità…."

E invece, candidamente, ho risposto:

"si, infatti ho un blog".

..ho un blog. Ma che cazzo di risposta è, Dio santo.

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Posso solo dire che ho una pelle da neonato ora, tenente.

E che mi sono sentita magrissima e gggiovanissima, tenente.

Magra quando uscivo dalla grotta (adoro la sauna, adoro la sauna, adoro) e gocciolavo via pensieri e parole e ommissioni, ed entravo nell’acquetta calda, e me pareva queo el paradiso. Gggiovane quando il cameriere mi portava un piattino di verdurine mentre mandavo sms a palla, e mi scherzava dicendo "ah, questo fidanzato…". Io, ragazza da maritare, ah che meraviglia.

Io che sbuffavo tra le bbbbolle delle idromassaggio, e non ne sarei venuta più fuori. Io che unta da capo a piedi, con due manine d’oro che mi stavano sciogliendo vertebra per vertebra, ho deciso di sposarmi un massaggiatore di professione. Altro che impiegato del catasto. Io che ho scoperto che la riflessUologia plantare è difficile da dire, quanto libidinosa. E mi perdoni l’uso del termine libidine, tenente.

Mi è stato detto che son troppo simpatica. Insomma, è il parasimpatico che non mi funziona, quindi posso smettere di contenere fritti birra e schifezze, se non mi metto tranquilla e non smollo lo stress. Mi è stato poi ribadito che ho la schiena allo sfacelo, dei cervicali paurosamente rigidi.
Ribadisco, un massaggiatore. Presentatemelo, gli giurerò amore eterno.

E ho letto tre libri in due giorni. E ascoltato molta buona musica, fin da consumare l’eterna batteria dell’Ipod. E mi sono abronsata che sembro una californiana (aiuta anche il costumino oro e glitter, signor tenente).

Ammetto. Mi perplime sempre vedere che Montegrotto rimane un paesello ameno. Statue di bambini che attraversano la strada, manichini di vigilesse, pannelli informativi con scritte tipo "previsto caldo livello due – il sindaco non riceve dal giorno al giorno – no ai centri per immigrati alle terme – via i negher – la siora maria ha spostato il camper in via dell’amore 5, stessi orari".

Ecco, signor tenente. Se non fosse per il pianobar con la versione italiana di MissisRobinson walzer-mode… ecco. E’ stato proprio bello, sa. Signor tenente.

– cinquanta flessioni, flauta! altro che weekend di relax! lavorare! e silenzio, bbbastarda!

Obbedisco, signor tenente.