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Sono le guerre delle mamme, quelle da cui dipende il futuro dei propri cuccioli.
E io ne ho fatte tante di guerre, ah si.

Stavolta è il sistema scolastico con cui prendermela. Ci ho provato, al dialogo. Hanno detto che è un bimbo arrogante, perchè si crede artista. Non ci ho più visto. Ho detto, basta, con quelle non perdo più tempo.
E il suo rendimento scolastico, comunque, è calato a picco, come la sua autostima.

Mo’ devo fare qualcosa. Le picchio. Le aspetto alla fine della scuola, quando i bimbi sono arrivati, e gli metto le tenaglie alla bici. No, è da codardi: meglio una scazzottata nell’atrio, coi bimbi a fare la hola. O magari aspetto che piova, la lotta sul fango è gettonatissima.

Il papà di Marco mi vuol dissuadere, non serve, lascia stare, poi alla fine sti figli li dobbiamo seguire noi lo stesso. Ma non posso più sopportare il menefreghismo, la sufficienza, l’arroganza (questa reale) del riprendermi se non ho corretto IO i compiti per casa. Quando da due anni ripeto ogni argomento svolto in classe (che non hanno tempo, a scuola, certo.. in 8 ore al giorno..).

Ho preparato la tuta da Wrestling-girl. Poi mi son dissuasa, vado a sfogarmi a parole. Ma poi, sicuro, vado alle mani. Okay allora, scrivo. Bello, in quattro ore la cosa più dolce era arsenico in lettere cubitali, aprivan la busta e ne uscivan concie dai cazzotti letterali.

Okay, vado direttamente dal dirigente scolastico. Almeno li qualcosa risolverò…

O forse no. E torno daccapo.

Essere mamme è difficilissimo. Non ci si decide mai quando iniziare a menare.

 

*si, nella foto c’è proprio lui, il bimbo arrogante….

La festa delle medie

La festa delle medie

Sono andata ad una festa di compleanno.

Sedie lungo il perimetro del salotto buono, bicchieri celesti e bicchieri rosa, salviette celesti e salviette rosa, bottiglie di succo (più moderne, era bellini) e prosecco, poi declassato dai "maschi" con la birra. Spruzzi di schiuma in giro per casa appena aprivano le bottiglie, per bagnare le fanciulle in tenuta da capodanno. Ovviamente, i maschi da un lato del salotto, le femmine sedute verso il buffet. La festeggiata e la mamma meridionalissima facevano fugaci apparizioni per portare ogni sorta di colesterolica pietanza (fritti e affini, sostanzialmente).

Ogni tanto giungeva una nuova invitata, entrava e iniziavano i gridolini d’allegria "ciaaaaooo! ma daaaaii!!! ma non dovevi!!! ma sei bellisssimaaaa!!". 
I maschi parlavano di calcio, ruttavano e si perculavano vicendevolmente in toni non proprio da accademia della crusca.
Le femmine commentavano le mise, si aggiornavano su "tizio che ha mollato caia che ora sta con quello della terza B.." e racconti tipo "sai che l’ho visto vantarsi la giulia?" ove "vantarsi" è terminologia arcaico-veneta per definire il limonamento giovanile.

La festeggiata ha fatto tre cambi d’abito, manco fosse la valletta di Sanremo.

Compiva 33 anni. Si, 33.

Io e la Fede (madre di due gemelli di cinque anni, per dire) facevamo le idiote "ma lo saaaai che la bionda lo ha già fattooooo?" "ma daaaaaiii! ma le ha fatto maaaale??" "ha detto che ha perso tanto sangueee" "ma se si è lavata subito non rimane mica incintaaa" "ma se mangi aglio la sera prima mica rimani incinta, scema!"…….

Poi è arrivato il papà della festeggiata. A cadenza di 15 minuti, tirava fuori una chitarra diversa. Arrivati ad un buon numero (di strumenti disponibili e di bicchieri in corpo), abbiamo messo su la band. Andrea alla classica, io alla dodici corde, il padre della festeggiata alla fisarmonica, e canzonieri dell’era fascista. Repertorio vario, da "la fameja dei goboni" versione integrale (incluso e-dopo-ssento-ani-ghe-ga-fato-el-monumento) a Osteriaaanumeroventiiiii, complici i fumi dell’alcool che facevan tornar alla mente solo i versi più osceni che il veneto tutto ricordi.

All’una di notte, con i polpastrelli viola causa 12corde, do’  forfait e vado verso casa. Mi chiedo dove ho messo la DeLorean e come mai mi stia portando a casa Michael J Fox.

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All´Assessore Elena Donazzan
e p.c. Il Mattino di Padova
                                         Il Corriere del Veneto
                                         La Repubblica

Siamo un gruppo di genitori residenti in Veneto, accomunati dal fatto di
avere figli che frequentano le scuole primarie, e di appartenere a famiglie
in cui entrambi i genitori lavorano. Padri e madri impegnati
quotidianamente nella vita lavorativa e nella gestione dei figli, senza che
nessuno di noi si senta "a carico" di qualcun altro: contribuiamo tutti al
mantenimento e all´educazione dei nostri ragazzi, ma soprattutto crediamo
di rappresentare una componente vitale e cruciale della nostra società.
Abbiamo letto con sbigottimento il comunicato dell´assessore Elena
Donazzan, che dichiara di posticipare l´inizio delle scuole al 22 settembre
"per venire incontro alla esigenza delle famiglie di poter godere di un
periodo dedicato alle ferie con i propri figli che non ricadesse nell´alta
stagione dai costi elevati".

Allibiti, vorremmo fare presente all´assessore quanto segue:
–     i nostri figli quest´estate avranno quasi 4 mesi di vacanza, ma noi
no (come per tutti i lavoratori, le ferie estive durano mediamente 2 o 3
settimane);
–     alcuni di noi lavorano in aziende che chiudono in Agosto, e quindi
sono obbligati comunque ad andare in ferie in quel periodo;
–     i bambini delle elementari non possono rimanere a casa da soli;
–     le scuole organizzano i centri estivi solo in luglio;
–     per le settimane di giugno (3), agosto (1 o 2), settembre (3),
dovremo appoggiarci ai centri estivi privati o cofinanziati dal comune: la
spesa settimanale si aggira attorno ai 120 euro a bambino (ed alcuni di
noi, accidenti, di figli ne hanno più di uno!).

In un momento in cui le difficoltà economiche dei lavoratori e delle
famiglie sono un fatto difficilmente discutibile, questa misura non farà
che peggiorare la situazione materiale di tante famiglie che a Settembre si
ritroveranno a dover pagare almeno 240,00 euro in più a bambino. Alla
faccia degli aiuti alle famiglie!

Chiediamo all´Assessore di riconsiderare le decisioni assunte e di venire
incontro alle reali esigenze delle famiglie.

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L’alienante ufficio di cui costituisco il 50% effettivo si occupa del calcolo degli oneri edilizi, nonchè del rilascio dei relativi permessi di costruire ed affini. Una mole di lavoro che, nonostante il fannullonismo di cui ci accusa quel politico lì, e il lauto stipendio che non supera il migliaio di euro (che lo dico, non si pensi che si guadagni di più, a far il comunale), ha la costante necessità d’essere svolta domani per ieri.

La scorsa settimana uno degli architetti che istruiscono le pratiche, ci ha chiesto i tempi utili per il rilascio di una pratica intestata al babbo. Niente vie preferenziali, solo un orientamento per gestire un’urgenza. In tutta franchezza, ho risposto "non ne ho idea, ma facciamo il possibile".

Temo che in 4 anni di glorioso operato in questa scrivania, non ho mai avuto una pratica non urgentissima-hofermiglioperai-perdoilcontributoregionale-abbiamol’inaugurazione-devoandareinferieinscandinavia-holanonnamalataevogliovedalacasafinitaprimadimorire. La boria con cui viene richiesta una strada prioritaria alla propria pratica (che di principio diamo a qualsiasi ditta, per inciso, prima chiudiamo il fascicolo e meglio è per noi) ha diversi stadi: la ruffianeria spiccia, il "lei non sa chi sono io", il moribondo, l’arrogante, fino al richiamarne l’attenzione dei supremi capi (che solitamente comprendono e si limitano a segnalarci la cosa senza pressioni inutili).

Come è capitato spesso, abbiamo fatto un paio di salti mortali carpiati, ma da ginnasti esperti l’abbiamo considerata normale routine. Stamane il collega architetto è entrato di corsa nel nostro ufficio, lasciando sulla mia scrivania un vassoio di briosche calde, ringraziandoci.

Io e Mario ci siamo guardati, increduli.

 

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Si insomma, il collega carino se li guarda tutti. Amici, Saranno Famosi, X-factor. Adora i programmi musicali, ed è vano ogni mio tentativo di redimerlo verso esempi di professionalità musicale più… adeguati.

Io infatti non ne ho mai veduto che fotogrammi in mezzo all’isterico zapping.

Ma ieri. Ieri aveva una camiciola aderente, con i pettorali torniti dal nuoto trisettimanale che premevano la stoffa e i bottoncini tiravano. Ah se tiravano.
E qui si è sensibili all’intelligenza di un uomo.

Indi, mi son fatta convincere a vedere sto X-factor. Come inizio, avevo un gruppo che nettamente mi piaceva più di altri… ed è stato eliminato. Ah beh. Poi una voce "originale", originalmente la copia sputata di Amy Winehouse (nelle intenzioni almeno). Poi bei faccini e occhioni blu, giusto giusto intonati ecco. Dj Francesco, addirittura bravo a tener le redini della cosa. I pooh in un triste playback (dal vivo solo la vena del collo di Facchinetti) degno del miglior circolo anziani. Il resto erano spettacolino tra Morgan e gli altri giurati, di tristezza profonda tale era il livello stomacalmente basso.

Ma mi chiedo.

La Ventura. Cosa cazzo c’entra la Ventura. Cosa cazzo ne sa di musica la Ventura. Non me lo spiego.

Allora si diceva, era una camicia bianca aderente, che disegna proprio i pettorali e scivola sugli addominali torniti…

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C’è probabilmente il mondo dei ricchi, e il mondo dei poveri. Altrimenti non mi spiego come possa accadere che prendano certe decisioni assurde.

Si, certo. Il mio è un problemino da niente. Non è politica, non è finanza, non è calcio. Non è Alitalia, non è clandestini rumeni, non è aumento del prezzo del petrolio al barile. Il mio è un comune imprevisto di organizzazione familiare.

Han deciso che per aiutare le famiglie l’inizio delle scuole avverrà il 22 settembre. Eh si, così potranno andare in ferie in mesi meno costosi dell’ormai proibitivo metà agosto. E gli albergatori ne guadagneranno il 40% in più, dicono. Evviva. Che risparmio, caspita.

Non so. Mi chiedo se questi hanno figli. Se hanno nonni e babysitter a gogo’. Se possono prendersi tre mesi e mezzo di ferie.

Ma io dal 6 di giugno al 22 settembre, dove lo metto il pupo?

Con un minimo di 75 euro a settimana per i centri estivi, andrei a 1050 euro per tutto il periodo. Peccato che giugno, metà agosto e settembre non siano coperti da attività simil-scolastiche. Indi dovrei prender un quintale di ferie, ma qualcuno l’ufficio dovrà pur reggerlo anche d’estate.
Ah già, come dice Brunetta, in comune son tutti fannulloni, dimenticavo.

Si, sono arrabbiata. I diritti dei ricchi, ecco cosa, davanti a quella dei poveri Cristi come me. Discorso semplicistico e sempliciotto, da populino comunista, ditemi pure quel che vi pare. Ma non riesco a pensare diversamente. Mi sento davvero una massaia che sbarella davanti all’aumento del prezzo delle zucchine dal fruttivendolo, che bestemmia contro il governo e ribalta le cassette delle verdure per aria.

Ma non ho altro che un blog. Quindi sorbitevi il mio sfogo.

Ed ora, come sempre, troverò una soluzione. In qualche modo, farò.

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– Non è che mi aiuti a svuotare casa mia di là? Voglio buttar via un mucchio di cazzate, i mobili, gli scatoloni, buttar via polvere e dare una lavata,  e chiuderla definitivamente. Un lavoraccio insomma, e non riesco mica da sola, dovrei chiamare un’impresa di pulizie.

– e certo così mi fai fare il manovale, ecco, a questo ti servo, zoccola! Mai che chiami gli altri con cui esci, bastarda!

 

Okay. così non va. Proviamo un altro approccio.

 

– Sai potremmo passare più tempo insieme. Un weekend in Croazia a guardare il tramonto, e ricordare il passato…ma anche…. dimenticandolo…

– ..in che senso amore?

– …sai. Non so come chiederlo. E’ che… devo sbarazzarmi della mia vita di prima. Voglio dimenticare.

-…….

-….dimenticare per poter ricominciare, finalmente, a credere in un futuro….

–  tu lo sai, sono qui, quando hai bisogno io ci sono.

– voglio andare a casa mia, di là, e gettare via tutto. foto, ricordi, vestiti, mobili….

– ……

– …ma da sola non ce la faccio. Non ce la faccio, cancellare tutto, continuo a rimandare, ho paura di pentirmi di buttar via quei ricordi, ma devo farlo.

– …. si, ti capisco… ma….. chiami giusto me per far fatica eh? mica chiami il batterista….

– …io con te… con te mi sento sicura. Protetta. Conosci tutto di me, e sai darmi la forza di andare avanti.

– ……

– ….. ho bisogno di te. Ho paura di tornare li, venire avvolta dai ricordi, dalle frustrazioni, dalle lacrime che ho versato in quelle stanze. Ed ho bisogno di qualcuno forte (..) che sappia guidarmi. E scuotermi via da tutto questo.

– ……

 

Macchè, non ci casca. Ultimo tentativo.

– Amo’, devo sbaraccare casa, un lavoraccio. Però te la do dopo.

– Okay, anche una pompa?

 

Ecco. Ci vuol poco a convincere un uomo.

 

 

a prescindere.

a prescindere.

Una nube di polvere rossa si alza ai lati della macchina, mentre proseguiamo per la strada sterrata, in mezzo al bosco. Controllo di non prendere troppe buche, piano piano, i finestrini aperti per concederci i profumi del bosco attorno. Non un’anima viva, eppure alla sorgente avevan detto "son sette chilometri, li poi c’è il villaggio nuragico".
Ostia, non so nemmeno cosa sia un villaggio nuragico. Potrebbe essere anche una setta nudista di Hell’s Angels. O una comunità di vegani in crisi etilica. O un centro commerciale a tre piani.

Mica gliel’ho chiesto, sai che figura, io so BENISSIMO cosa cazzo sia il villaggio nuragico.

Intanto la nube rossa ci invade, mentre passiamo sopra una sorta di ponte di sassi, dove passano appena le ruote dell’auto. Prima o poi si arriverà, mi dico. Una discesa paurosa, ci porta all’apertura della vallata: colori intensi, rossi accesi, verdi smeraldo, giallo e rosso dei fiori. Tutta questa natura che sta li a dirti, a prescindere.
Ah si, lei sta li a prescindere. Le baie celesti, la sabbia bianca, come queste vallate di pura poesia, stano li a prescindere da me.
Arriviamo. L’archeologa ha una maglietta sinistroide e la bandana in testa, esempio bizzarro di par condicio. Mi dice, certo che vi porto, se volete di là (per loro è tutto "di là", ma non ti fanno un cenno con la mano, una piantina, o la mera indicazione "destra-sinistra", penso sia un test d’ammissione, o sadismo allo stato puro) c’è la grotta.
Sembra di esser ai Murassi del Lido. Ci arrampichiamo tra le rocce, mi capacito che le passeggiate sugli scogli hanno temprato le capacità del nano, e arriviamo ad una fessura enorme nella roccia.  Visitiamo la grotta da soli, giochiamo agli esploratori.

La nostra guida al villaggio nuragico è ciò che nel mio immaginario dev’essere un pastore sardo. Ci mostra, ci spiega, sopporta i nostri tempi e le nostre domande. Siamo solo noi e lui.

– ma questo profumo che sento ovunque… cos’è? dolciastro,… buonissimo.
E mi viene in mente che da me, i profumi dolci son sinonimo di perdita di gas da Marghera.

L’omino mi parla delle piante. Il finocchietto selvatico, che qui i pescatori lo mettono pure in foglie sull’agnello. E i fiori, quei cespugli… In realtà lo so che vuol dirmi, è natura mia cara, ha questo profumo qui sai.

E penso a quanto mi mancano gli odori. Il prezzemolo appena tagliato. Le mele sull’albero. I cespugli di rosmarino del vicino di casa, da cui rubare i rametti per l’arrosto. E le piante dei pomodori.
Mentre faccio la mia lista mentale, il tizio mi guarda e ridacchia, dobbiamo sembrare due imbeccilli cittadini.

Torniamo per la stessa strada sterrata (altri sette chilometri, infiniti), ad ogni curva un paesaggio diverso. Gabry canta sopra il cd che suona in macchina, cantiamo insieme, e la sua vocina intonata si arrotola alla mia con una dolcezza infinita.

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Ci sono storie che iniziano, sbocciano, e appassiscono.
Altre iniziano piano, carburano, e vanno avanti a lungo.
Altre che durano in eterno, tra alti e bassi, e altre che semplicemente, finiscono.

La nostra ha avuto un picco di cottura, s’è bruciata, e ora sta li. Non finisce, non riparte. Sta li gongolando sulle cose che ancora abbiamo in comune. E stiamo bene, come un’ernia che si doveva operare anni fa, ma ormai ci si è abituati, affezionati, ed è utile per sapere quando cambia il tempo.

Questo finale non me l’aspettavo. Insomma, mi aspettavo un finale. Adesso, seguendo logica, dovrebbero succede un mucchio di cose, mentre invece non succede nulla. Tutto fermo, stabile. E’ come un mal di testa, che da fastidio, ma non tanto da prenderti il moment. Anzi, ogni tanto quasi quasi passa.

Che culo.