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La ragazzina ha occhioni grandi. Stringe le ginocchia, seduta sullo scalino di casa, e guarda le ombre della gente. Che non ce la fa a guardarle in faccia.

Ha dei lacrimoni lunghi ormai asciutti sulle guance. Stava piangendo a dirotto, ma poi si è dimenticata, pensando ad altro. Nemmeno il tempo di asciugarli.

Sta diventando grande. Le è passato in mente il primo pensiero adulto.

La mamma esce, guarda il tramonto come un bel ricordo, che appare d’improvviso. E vede la sua bimba diventare donna, così, davanti agli occhi. E’ un istante. E due rughe le solcano il viso, dove si sono incanalate le sue lacrime, vedendola crescere.

Sta invecchiando. Non ha più nulla che la distragga dal tempo che corre.

 

brevi dal mondo

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18 tracce per il live. Più le ascolto e più mi viene addosso una claustrofobia da strutture e campioni inimmaginabile.

Ho visto il mio papà commuoversi, senza dominare un’emozione. E vederlo umano, fragile, anziano. Mi ha stretto il cuore.

E ho visto una zia dopo quindic’anni. E flash di vita da bambina, un vaso di ceramica con la frutta finta, di un kitch pauroso, spuntato fuoi dai ricordi come unico comune denominatore. Inquietante.

I miei amici hanno organizzato un pranzo, come ringraziamento per un concerto, per una trentina di persone. E visto che cadono tra le elezioni, non sarei potuta andare. E loro hanno anticipato tutto per me.
Ed è una cazzata. Ma una gentilezza simile mi riempie il cuore.

Ho sentito un gruppo di rock qualcosa. Tipo accordi del giro di sol, ampli a palla, un boato distorto come musica. E mi sono divertita. Alla faccia della jazzista seria per la quale mi spaccio.

Ho rivisto la Dody. Invecchiata. Ed ha la mia età. E una tristezza e malinconia addosso, che la stringe, e una relazione che non può più funzionare…. la strozza. Come le strutture e i campioni.

E poi ho visto il mio ex, invecchiatissimo. Ma con tredic’anni di rughe, giustamente, più di me. E pessimista, negativo, irritante. Sempre fermo li, dove ci siamo lasciati mille anni fa.

E il terraglio, e la stessa figlia tossica di un amico, a battere per la dose. Riempiendomi di rabbia, e di rammarico. E di bestemmie per i puttanaioli con cui rischi tamponamenti continui.

Ho i ragazzi pronti per un primo saggio, tra quindici giorni. E sono in ansia per federica. E per elisa. E per elisabeth, roberta, laura, francesco, vanessa…. Ma ancor peggio, non so dire la parola giusta ad Andrea.

Ho ricevuto una mail, dove son stata legnata a dovere per le mie insicurezze. Ed esattamente, le parole "Ma come?? cosa ti ho insegnato a Venezia? (o forse dovrei chiedermi: chi ti ha dato il diploma?…)".
Della serie, posso farcela e mi sto facendo solo delle pippe.  Oppure sono enormemente sopravvalutata e, come già detto, farò una figura di merda epocale.

Ecco. Era per aggiornare gli amici. Perchè sto tralasciando tutti. E mi spiace. Ma sto bene, no, meglio di bene.

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In ogni città c’è la Grandiosa Opera Viaria, che sotto elezioni accellera i tempi. In Flautatown le Grandiose Opere fanno parte, per una briciola parte, della scrivania della sottoscritta. E tra le carte rispuntate fuori dalla polvere e catapultate in fretta e furia nel mio ufficio c’è pure quella che dovrebbe risolvere il solito difficile nodo viario, che in base a convenzioni varie la ditta Cicciopasticcio eseguirà a beneficio della cittadinanza.

Imprenditrice d’assalto, e persona di fiducia della ditta Cicciopasticcio è una quarantenne alta, mora, elegante ma non particolarmente attraente. E’ che la sua nomea di odiosa rompicoglioni c’è l’ha stampata in faccia. Sta antipatica a chiunque. Tecnici, amministrativi, usceri, altri utenti, a prescindere. E’ forse il modo, l’arroganza velata, la ruffianeria sarcastica con cui tratta chiunque.

Beh, io sono una ruotina piccina piccina del meccanismo. Ma ha scoperto che posso romperle le balle a livelli apocalittici, e bloccarle i lavori. Al che, con me ha mutato atteggiamenti. Mesi fa, quando le ho esternato, sfinita, in mezzo ad una discussione diplomatica ma litigiosissima, che proprio non la sopportavo, mi ha risposto con un sorriso da giuda: "..invece io la trovo davvero una persona simpatica".

Ecco. Mi ha dato una lezione grandiosa di come si può essere stronza. E’ inarrivabile, ed io ho iniziato a vederla in modo diverso, come….come…come un mito, da emulare.

Anna? Ciao cara!  Buona Pasqua!…. perdonami sai ma….

Reprimo uno spontaneo " e chi t’ha detto di darmi del tu adesso?" e cerco la sua pratica nell’altro ufficio, la porto sulla mia scrivania, la apro, il venerdì santo, la controllo e completo, firmo e spedisco. Il tutto in un’ora. Le mando il fax.

…..pronto Anna? non so come ringraziarti, sei stata splendida…. grazie mille! Ci vediamo mercoledì allora, buona Pasqua!

O sono scema.

O è un sentimento pasquale.

O forse è il nome. Una che si chiama Manola forse è lesbica.
Avercene, di sti tempi.

…auguri….

…auguri….

Meteo:

SABATO 22, DOMENICA 23 di PASQUA e LUNEDI 24 PASQUETTA: Episodio invernale per la discesa di aria fredda dal circolo polare artico verso il Mediterraneo, e ivi formazione circolazione depressionaria. Tempo instabile e più freddo al nord.

Buona pasqua!….

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Okkkey, chiamo. Preparo la voce brrrrrrrrrrrbrbrbrbrbrrrrrrrrbrbrbrbrrrrrrrrrrrrrrrrrr (vocalizzo con la bbbrrr). Scelgo la tessitura…bassa, sisi. Bassa è suadente.

Baaaaaa…ehm, no, così è da trans. Mmmmm…salveH. Bon, questa va bene. Devo solo ricordarmi le H finali.

Faccio il numero, lo copio dalla mail che mi ha mandato. Ha sostituito parte del cognome con un numero. Nemmeno io arrivo a tanto. Se fosse il mio ginecologo mi preoccuperei, ma è un musicista, via. Okay.

Ostia, mi risponde una donna. Una donna?… ah no, è impegnato all’altro telefono (altro telefono? mah!), lo sento in sottofondo. Andiamo bene, cadenza romagnola. Bene, ce la posso fare, riprendo il tono suadente perduto (rimasto annichilito nel sentir  rispondere la voce femminea).

– Salve! Sono Anna Flauta, …

– Ah ciao! quella che ha il bimbo piccolo, giusto?

Favoloso. Un curriculum spaventoso, una mail dettagliata coi miei successi discografici (?) e l’unica cosa che ha memorizzato è l’informazione "ho un pupo, quindi ho qualche problemuccio logistico".

Dice che ricorda il dettaglio perchè sensibile alla tematica.

In un nano secondo trasformo la voce "happy birthday mr president" in melodiosa ninna nanna materna, con tanto di enfasi da doppiaggio favole della Melevisione.

– …senti, facciamo così, ci vediamo martedì 18, così ne parliamo di persona, si?

Ecco, è oggi.

Mi sono preparata il discorsetto, ho le idee abbastanza chiare e le motivazioni decise.

E una gonna cortissima.

E in borsa, un grembiule infarinato da biscotti fatti in casa, che non si sa mai.

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Mi torna in mente il luogo comune sui no global, sui comunisti, delinquenti.

Leggo questo, via Cinas. E mi si gela il sangue.

 

Stamane si rifletteva con i colleghi, "ormai non guardo più la tv, son nauseato". Da Striscia, a Report, alle Jene, una scia di vergogne. Nei tg, invece, le uscite oscene di politici in campagna acquisti. Bestialità. Un cumulo di bestialità, tutte insieme. Le ovvietà, i principi base, i diritti di uomini e donne, e la loro dignità, calpestati.

E non ho voglia nemmeno di parlarne. Mi chiudo incapace nel mio microcosmo egoista, in cerca di rendere pulito almeno il mio, di giardino, e la mia, di coscienza. Temo di non esser mai stata così sconcertata del mondo in cui vivo, come ora. 

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Molla la cima.

La barca dondola un poco, mentre si mette a sedere. Prende i remi, li incrocia orizzontali, per poterli tenere alla stessa lunghezza. E li immerge, piano.

Lei è radiosa. Dentro sente il mondo che rotola, le priorità ingarbugliate, le strade che si biforcano, la sua stessa personalità che si sdoppia, quadrupla, moltiplica come ghiaccio che si scioglie in pioggia. Eppure è radiosa.

Il rumore del remo che si immerge piano, e spinge avanti la barca. Senza che nessuno abbia voglia di interrompere il rumore del silenzio. Che anche il silenzio ha rumore. Quello dei pensieri zitti, dei respiri trattenuti, dalle parole che non escono, che non servono, che sono inutili. Scampoli di conversazioni messe lì, in stand-by. Solo l’acqua di un lago immobile, che abbraccia la barca, la barca abbraccia i due ragazzi, i pensieri di lui che abbracciano quelli disordinati di lei.

 …vuoi sposarmi?…Lei dice, si. Così. Senza pensare, spingendosi ad aver entusiasmo, perchè non è che non è contenta, è che è tutto così confuso, ma almeno con lui, con lui disegna una strada definita. E chi lo sa.

Un abbraccio, un bacio. Si, okay. Bellissimo.

Ma adesso, adesso? La barca torna a riva, ecco. E’ lui che rema, anche la sua vita, troppo stanca per prendere altre direzioni. Butta giù il muretto, appoggia la testa sulla sua spalla.

Il profumo dei suoi capelli, misto ai primi fiori di montagna, alla luce strana del primo tramonto di primavera, nel freddo di questo marzo. E nella disperazione dell’ignoto di fronte, si presero la mano, per un pezzo di vita insieme.

Per poi, un giorno, gettarsi via.