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Io e Chiara ci conosciamo da un decennio. Abbiamo fatto centinaia di concerti insieme, prove, lezioni concerto, cene orchestrali, saggi degli allievi. E chilometri, di strada e chiacchiere, in cui ci siamo raccontate e spettegolate.
In un modo o nell’altro, abbiamo suonato insieme in un mucchio di occasioni. E insegnato, una nella stanza a fianco all’altra. Abbiamo da sempre una perfetta sincronia, soprattutto, nello smontare lo strumento alla velocità della luce, dopo i concerti, per fiondarci al rinfresco. E non solo. E’ stupefacente la coordinazione con cui sappiamo individuare il tavolo più strategico, con prosecco tramezzini e patatine tutti per noi.
Ci vuole allenamento, per questo.
Conosce bene mio marito, ha vissuto indirettamente le mie disavventure, incluso il "ma eravate coooosì beeelli insieeeeme". Di lei invece, con gli amici c’è sempre stata la burla di vederla eternamente zitella. Non usciva con nessuno, non portava nessuno ai concerti, ai matrimoni delle amiche veniva sempre sola, ai concerti in trasferta eravamo in stanza insieme, mentre intorno le amiche si sposavano e facevano figli, sempre accompagnate. Sapevo di viaggi all’estero, evidentemente romantici, ma ho sempre rispettato la sua privacy, come lei la mia.
Ieri dopo il concerto, l’accompagno a casa. Parliamo del biennio di didattica, dei consigli di classe, del fare mezzora di note lunghe e tecnica con gli allievi ad ogni lezione, pur di poter studiare un po’. Che non c’è tempo, che finiamo a notte fonda, che nemmeno un toast al volo, che solo tra noi ci capiamo.
Eppoi, scende dalla macchina, mi saluta. E nello spiraglio della portiera, mi fa "ah….mi sposo." E sorride. Imbarazzata, felice.
Le rispondo stupita, sorrido. Imbarazzata, felice.