Tutte le idee per rivedere il diritto d’autore
L’urgenza di una revisione del diritto d’autore, in epoche in cui tutto è gratis e parlare di “pirateria” è ormai obsoleto, sembra sia comune sia a noi autori che ad editori e distributori.
Stamane ho letto del libro di Macaluso “E Mozart finì in una fossa comune…” , non so se consigliarvelo ancora, lo leggo e poi vi dico… Nell’articolo sono esposti alcuni punti, su cui però ragiono volentieri.
Qua non si tratta di riformare la Siae, ormai è chiaro, è proprio tutto il diritto d’autore da ripensare, rivalutare, riorganizzare (e ridistribuire).
Prossimamente parteciperò ad una ulteriore conferenza sul diritto d’autore, dove potrò confrontarmi direttamente con un esponente della Siae, casa madre di Roma, per rielaborare molte idee, proposte, sentire se davvero c’è l’aria di cambiamento (e di rivoluzione) anche all’interno. Quindi, se avete voglia, datemi i vostri input nei commenti, in modo da elaborare un’idea comune e spingerla in quella e nelle altre sedi.
L’articolo richiama i punti esposti nel libro di Macaluso, e spero siano corretti; mi permetto di riproporli con le mie considerazioni:
1) formalizzare il copyright, nel senso che non tutte le opere ne sarebbero automaticamente coperte, ma solo quelle per cui l’autore fa esplicita richiesta. Questa mi sembra una gran bella decisione. Attualmente un autore Siae non può avere alcuna opera libera dal pagamento dei diritti, in sostanza per statuto io, autore Siae, non posso comporre ed eseguire e registrare un mio brano in Creative Commons, o anche scrivere una canzoncina per un coro di bambini, senza dover far pagare (o pagare io stessa, se sono organizzatrice dell’evento/disco) il permesso Siae (e son sempre centinaia di euro, eh, anche per eventi per beneficienza…).
Liberalizzare avrebbe senso però dopo aver messo mano alla redistribuzione dei diritti. Adesso come adesso se non ci pagano un borderò non ci cambia molto (purtroppo), visto che vanno per la maggior parte in un limbo non definito, mentre agli autori va una percentuale non ben comprensibilmente calcolata dalla sede centrale.
2) ridurre la durata della protezione, ovvero non più i 70 anni dalla morte dell’autore. Ha senso? Dipende. Se il diritto d’autore è visto come una pensione di reversibilità per la famiglia, okay. Ma davvero i diritti sono una forma di sostentamento per un artista?… Peraltro, gli eredi dovrebbero essere soci Siae, quindi pagando ogni anno la quota associativa. Nel caso in cui non ci sono eredi, oppure non pagano o non si trovano, Siae trattiene quelle cifre fino alla scadenza dei 70 anni, a prescindere. E’ effettivamente tutto troppo nebuloso, va ripensato.
3) Semplificare la normativa oggi complessa e farraginosa anche per renderla comprensibile ai ragazzi che la violano in rete. Sapete come la penso? Io credo ci sia anche una volontà a non spiegarla come si deve. Nessuno parla chiaro sulla musica esente dal pagamento dei diritti, viviamo in un sottobosco di informazioni, a volte completamente fantasiose, solo perché la Home della Siae è troppo intenta a dare comunicati stampa che spiegazioni chiare sul comefarecosa. E soprattutto, sul come poterlo fare senza dover pagare, utilizzando la musica esente da copyright.
4) Riformare le società di gestione collettiva dei diritti d’autore (come l’italiana Siae) perché è prevedibile che, in futuro, toccherà a loro raccogliere e assegnare agli autori miriadi di piccole royalties in cui il loro diritto sarà “spezzettato” per poter essere, almeno in parte, salvaguardato. Questa non l’ho capita, mi riservo di leggere il libro per decifrarla per bene. Le piccole royalties esistono da sempre, anzi son la maggioranza, e son gestite e distribuite (nebulosamente) dalla Siae. Quindi sto futuro è oggi, è da sempre. Mi sa che l’articolista ha fatto confusione.
In un altro articolo di Edoardo Segantini, sempre ragionando sul medesimo libro, c’è un’altra riflessione importante: “… la distribuzione legale. Bisogna togliere gli alibi ai disonesti: in particolare quello che si sia costretti a ricorrere alla fruizione illegale perché manca un’offerta legale. L’offerta legale, come dimostra il successo di siti come Spotify, per fortuna c’è. Ma deve crescere ancora. Una pay-tv che non metta i propri programmi in rete, per esempio, ha più probabilità di altre di subire attacchi corsari.” Non so voi, ma a me la pirateria (ovvero il condividere gratuitamente la mia musica, rubandola da youtube con un comune convertitore online) non infastidisce affatto. Se potessi distribuire io stessa la mia musica in modo gratuito, senza balzelli Siae, magari quella di un disco che non ho più in promozione, di qualche anno fa, lo farei di corsa.
…ma secondo voi, basta questo per rivedere il diritto d’autore? Io qualche idea in più ce l’ho. Ve la dico tra qualche giorno. Voi che ne pensate?