Il venerdì prenatalizio è storicamente dedicato ai festini dell’ufficio, e la titolare qui non ne esce indenne nemmeno quest’anno.
C’è una sorta di euforia, di solito. Torni a casa un po’ brilla, con un notevole mal di testa da prosecco, lo stomaco che rigurgita canditi e pezzi di torrone, e zucchero filato impiastricciato sulle braghe.
Ma c’è la crisi, e la guerra dei poveri.
Solo mercoledì eravamo tutti li, col naso sulla bacheca, a leggere l’articolo del Gazzettino con tutti gli stipendi, e soprattutto con gli “extra” e premi vari, dei dirigenti. E hai visto quello, e quell’altro, e quel terzo, e quello è indagato, e quello non sa fare un cazzo, e quello è sempre a zonzo. E bla, bla. Che le cifre sono imbarazzanti, trecento mila euro l’anno per uno che firma, alla fin fine, alla cieca quello che viene preparato, studiato e smaronato da un pirla da mille al mese (magari precario), che si sbatte con l’utente, coi colleghi, con carte e leggi. E che si prende le battute sui “fannulloni” dagli utenti, che tanto poi mandan la cesta al direttore. Che poi, non dico un panettone e una bottiglia al suo ufficio di ignavi dipendenti, ma dico… almeno una mail d’auguri.
Macchè.
E’ un momento assurdo, qui. Tutti contro tutti, dipendenti contro precari, precari di serie A contro precari di serie B, i perdenti dei concorsi interni (tipo seicento persone per quattro posti, per un aumento netto di 100 euro al mese..) che non si rivolgono lo sguardo ormai da mesi. Pacchi di richieste di mobilità e trasferimento, litigi e urla in corridoio, pianti, “non ne posso più” ripetuti in refrain. Tutti chiusi in quel meccanismo allucinante chiamato Pubblica Amministrazione.
Io mi ripeto, e ringraziando il cielo che non sono alla Fiat, o qui nelle fabbriche a Porto Marghera, o in una qualsiasi azienda con tagli di personale o fallimento, o un commerciante stritolato da calo dei consumi e raddoppio degli affitti. Io son fortunata, che il mio stipendio, almeno non me lo toccano.
Dicevo, i festini. Oggi erano tre. Tutti in uffici diversi, la porta chiusa, inviti “personali”. Sarcasmo, su “quelli del corridoio di là”, o su “quello che ha invitato solo quelli che gli fan comodo”, e via. Mi vien spontaneo pensare all’anno scorso, una festa unica, tutti insieme. Ah no, era due anni fa… anche l’hanno scorso feste distinte…
Io, per mia fortuna, sono un jolly. Forse ho un ruolo che “è bene tenersela buona”, o forse son simpatica, o almeno inoffensiva. Però, questi auguri così colmi di ansia, di preoccupazione, di intolleranza, come se si fosse costretti a far festa perchè uno tra tutti decide di andar oltre e aprire un panettone.
Una giornataccia, ecco.
Stamane, mille telefonate, viavai continuo di gente, che deve chiudere tutto prima di Natale, aprire cantieri, fare rogiti, definire fideiussioni… e tanti che rinunciano, quando hanno aperto la pratica non ci pensavano, alla crisi economica.. ed ora, non c’è più un soldo.
Beh, oggi l’ennesima telefonata, sempre l’urgenza assoluta, e io a indicare un solito modo estremo per ridurre tempi tra notifiche e pagamenti e quant’altro, dopo aver cercato di sistemare la sua pratica barcamenandomi tra burocratese e meccanismi amministrativi demenziali. Con una pazienza che non mi è propria, ammetto.
“..ah senta. Volevo dirle. Non è mica vero che siete fannulloni. Lei è così gentile, mi sta risolvendo tutto mentre potrebbe dirmi di aspettare gennaio e fine. Eppoi è cortese e mi rispiega tutto, ecco, quel Brunetta là è proprio uno scemo, sa, ma mi creda, io posso dirlo, e lo dico ai miei amici spesso sa, che ci sono molti comunali come lei…”
Così. Fulmine a ciel sereno.
Ringrazio, mi dico che due parole così valgono molto più del panettone del direttore. Nel mio piccolo, chissà, sto rendendo un Natale migliore anche a quel povero Cristo di cittadino o piccolo imprenditore, che può portar avanti le sue cose.
Ecco. Un brindisi silenzioso, con una bottiglietta di SanBenedetto, al signor (ah, chi si ricorda chi fosse….), che passi un buon natale. Il migliore possibile.