Mio figlio è dislessico ed ha 7 in italiano.

Mio figlio è dislessico ed ha 7 in italiano.

Quattro anni fa uscivamo da una scuola senza vie d’uscita. Sembrava un incubo. Come fosse un tavolo, con quattro gambe, che non ne voleva sapere di stare in piedi.
Poi è arrivata la dottoressa Tiziana, conosciuta per caso grazie alla moglie del mio batterista, e con una serie di test è saltato fuori che il tavolo stava benissimo in piedi, bastava guardarlo dall’altro lato.

Anni di mappe, riassunti, schemi, modi alternativi di fissare gli argomenti. Anni di calcolatrici perse per casa, appunti passati via WhatsApp dalla compagna di classe e ricopiati da me mille volte, libri da leggere e verbi di inglese da schematizzare. E la matematica, ah la matematica, e Letizia che ci corregge al telefono, al volo, le espressioni che non tornano. E le leve, con Paolo che le schematizza in tre dimensioni con equilibrismi di righelli e matite (e accendini).

Dall’altra parte, litigi più o meno palesi, diplomazie e rincorse di suggerimenti e informazioni dai professori. E ognuno a dire quanto è simpatico ed educatissimo… dimenticando che potrebbero comprendere le difficoltà e ogni tanto interrogarlo, invece che puntare per pigrizia sullo scritto. Eppoi c’è la prof che ripete quanto è straordinariamente maturo e sveglio, pieno di idee e di interazione, compensando quell’altro che abbassa il voto perché “scrive disordinato”, come se la diagnosi di disgrafia volesse dire patatine.
Ed i compagni di classe, che non perdono occasione di infierire, con quella crudeltà tipica delle medie.

Eppoi son arrivate le superiori. Un altro universo.

Ormai il metodo lo si conosce, si sa dove insistere e dove accontentarsi, si impara quali sono gli ambiti in cui pretendere da se stessi l’eccellenza. C’è l’adolescenza, croce e delizia, e le redini da tener strette per non perdere l’obiettivo, perché basta una settimana “da mona” e ti prendi un’insufficienza dura da recuperare, un’amicizia dispersiva che ti cambia agli occhi dei professori, un amore fresco che ti fa perder la testa. Però ce la fai, sei dislessico, sei abituato a superare le montagne, a tener duro quando la testa è già stanca e le lettere svolazzano a destra e a manca.

Ed è fine anno. E guardi i tabelloni. E sei promosso, con una sfilza di otto (e pure un nove), e ti chiedi com’è che da dislessico adesso sei tra i migliori della classe. E sei orgoglioso, o almeno lo spero, quanto lo è la tua mamma.

Anni fa avevo scritto della prima diagnosi, perché non se ne parla nonostante i disturbi dell’apprendimento siano molto comuni, scambiati per svogliatezza o per “disabilità” (ma sta cippa proprio, eh).

Un esempio di cosa sia la dislessia?
Mio figlio, quando legge la parola Zortea (ridente paesino di montagna) legge “Zoreta”. Il suo cervello acquisisce l’informazione delle lettere e le ordina secondo un sistema per lui logico. Quando legge parole più comuni, come, che ne so, “LA FLAUTA”, magari legge “LA FALUTA” e poi deve riorganizzare nuovamente la lettura dandogli un senso che conosce, comprendendo che c’è probabilmente scritto il soprannome di sua madre e non un (che ne so) ulteriore paesino di montagna. 
Immaginate cosa significhi questo processo di elaborazione doppio applicato ad una pagina di letteratura…

Voglio riaprire il discorso perché quella pagina è stata letta da moltissime persone, con commenti e con mail private, nelle quali molti genitori ed adulti dislessici mi hanno confidato l’angoscia che prende quando devi affrontare, dal nulla, il discorso “ho un figlio dislessico”. Perché poi va a finire che non vedi vie d’uscita, è una salita dolorosa che mette alla prova genitore e figlio, anche nella stima di se’ stessi.
Ed invece, non serve uscirne: bisogna solo trovare i mezzi per proseguire. La salita poi si appianerà e si potranno superare anche gli altri corridori, facendo fiato ed ogni tanto… godendosi il panorama.

Il nostro panorama è questo: il tabellone di fine anno di prima superiore, ed un sette in italiano. Se si dava una mossa, magari diventava anche un otto, come in storia…. ma ci sta. Se ci voltiamo a vedere il sentiero percorso, comprendiamo di quanto importante sia questa tappa, in termini di fiducia, di obiettivi da rivedere, di ambizioni da ingrassare.

E adesso, si va avanti. Anzi, va lui avanti, ormai non ha (quasi) più bisogno di me…

Incidere un disco – 3. Prima di entrare in studio

Incidere un disco – 3. Prima di entrare in studio

Insomma, ce l’avete fatta.

Avete definito i dettagli del progetto, avete la band, domani sarete in studio a registrare il vostro capolavoro.

Ovvio, mica vi mollerò qui sul più bello.

Per le prossime due puntate, mi avvarrò dei consigli e l’esperienza di tre amici: Claudio Zambenedetti, fonico dell’Imput Level Studio, Mario Marcassa del CatSound Studio e Max Trisotto, sound engineer, che mi hanno raccontato cose che voi umani, eccetera, al fine di darvi qualche dritta in più.

Per tempo fate una pre-produzione a casa (ovvero registratevi un pre-disco in sala prove), in modo da definire già la bozza definitiva del risultato che volete ottenere in studio.
Io di solito preparo un bel block notes con una pagina per brano, con tutti i dettagli: ve lo consiglio vivamente. Fate una tabella precisa con: tonalità, bpm (tempo metronomico, fondamentale per impostare il click) e struttura (intro, strofe, chorus, assoli) ben definiti. In caso di incisioni su tracce diverse, è bene fare uno schema preciso su quali strumenti suonano e dove, quali assoli fa la chitarra, i cori in che pezzi e in che ritornelli servono, eccetera. Servirà a gestire al meglio il tempo e il lavoro di ogni singolo, oltre ad evitare di dimenticare, alle dieci di sera, che manca l’ukulele nel quarto brano (ed il fonico ha già spostato i microfoni). (Che poi, poco male, se manca l’ukulele, ma vabbé).

(cos’è il click? è una sorta di metronomo che sentiremo in cuffia mentre incidiamo, che ci farà andare tutti a tempo. E’ obbligatorio se registrate uno strumento alla volta, è utile se suonate contemporaneamente ed avete una sensazione di “mal di mare” nel tempo metronomico. Il metronomo è il miglior amico dell’uomo).

Verificate gli arrangiamenti, eventualmente chiedendo a qualcuno di più esperto. Mi capita di sentire dischi di miei allievi in cui piano e chitarre suonano contemporaneamente il medesimo accordo nella medesima ottava, cacofonie che esprimono onomatopeicamente il termine. Come è vero che un buon arrangiamento rende bella anche una canzone mediocre, il pessimo arrangiamento assicura delle porcherie inenarrabili.

NON C’E’ TEMPO DI DECIDERE NULLA o quasi IN STUDIO, QUINDI PIANIFICATE TUTTO A CASA, A GRATIS.

I miei tre fonici di fiducia mi hanno ribadito, all’unanimità, un punto principale: avere TUTTA la strumentazione a posto. “Ossia no pedali della cassa che cigolano o pelli distrutte per i batteristi, corde troppo vecchie sulle chitarre (mentre sul basso vanno bene) e ottave non regolate, fiati con problemi (una volta perdemmo mezza giornata per un bocchino di un clarinetto che “oh, ma a casa non mi dava tutti questi problemi”“(Trisotto).
Non serve avere chissà che strumentazione, l’importante è che funzioni bene e sia di pratico utilizzo. Non serve a niente avere l’ultimo modello di testata per ampli o l’ultima pedaliera con effetti stratosferici se poi si usano dei cavi Jack ossidati, saldati male che generano ogni tipo di ronza” (Zambenedetti).
Ed è bene arrivare in studio già abituati ad accordare perfettamente il proprio strumento: “Sembra banale, ma specialmente i chitarristi si basano sul loro accordatore trovato nelle patatine, una corda alla volta e via… credendo sia tutto a posto. Inoltre bassisti e chitarristi non controllano quasi mai l’esattezza della regolazione del manico nelle ottave, per cui fanno un accordo di Do maggiore e sembra a posto, ne fanno uno di La bemolle ed è un disastro, ma per le loro orecchie va bene. L’accordatura vale anche per la batteria. Una batteria bene accordata suona mille volte meglio di una scordata…” (Marcassa).

Quindi, prima di uscire di casa, verificate bene i cavi, l’accordatura del Rhodes, rivedete l’uso degli effetti (il pedalino che gracchia da anni, in studio continuerà a gracchiare) ed eliminate il superfluo, imparate ad accordare la batteria (perché diciamolo, a qualcuno che ora sta leggendo sorge nuova che anche la batteria si debba accordare…), verificate che il proprio strumento a fiato sia intonato, che tutte le chiavi chiudano, che si abbia l’ancia giusta.
Portate tutto ciò che può servirvi (partiture, fogli pentagrammati, cavi di riserva, reggichitarre, bacchette di ogni tipo, scatoloni di ance, eccetera).

Per i/le cantanti: registratevi seimila volte prima di entrare in studio, da soli e durante le prove e controllate dove rischiate di stonare, la pronuncia e la comprensibilità delle parole, le dinamiche e l’interpretazione delle varie frasi. Se registrate a tracce separate, segnatevi dove prender fiato e dove eventualmente spezzare l’incisione (prima le strofe, poi i ritornelli, eccetera). Segnatevi dove vorreste un rinforzo, dove fare le seconde voci o i cori. E ricordatevi, non serve gridare, lavorate di sfumature e chiaroscuri, esasperate i dettagli più di quanto lo possiate fare live.

Se dovete fare un assolo, riprovatelo quanto potete, strutturatelo se non vi sentiti sicuri, trascrivetelo al limite. E’ matematico che arrivati in studio andrete in panico e magari inciderete dei pasticci. La verità è che più li ripeterete e peggio sarà. Ne rifarete una trentina di versioni, di seguito. E terrete buona la seconda track.

Bene.
Ora, passate dal supermercato e prendete qualche bottiglia d’acqua, qualche biscotto, un pacco di merendine. Se l’incisione vi occuperà tutta la giornata, prevedete una pausa pranzo in qualche posto nei dintorni, è meglio uscire all’aria aperta e ricaricare le pile per il pomeriggio/sera, il lavoro in studio è estremamente stancante.

In studio NON portatevi dietro figli, amici, morosi/e, genitori, avvisate tutti che non esisterete per tot ore (e che spegnerete quindi il telefono). Dovete stare tranquilli, a vostro agio, liberi anche di andare in crisi e piangere davanti al microfono alla sesta volta che sbagliate un’entrata, concentrati su ciò che fate e orientati verso il miglior risultato possibile. Anche un videomaker o un fotografo possono sconcentrarvi, fate tutto prima o dopo, o in una track di prova.
Bene, andate a dormire. Domani dovrete arrivare puntuali, lucidi, riposati e carichi.

 Ho detto lucidi. Mettete giù quella birra.

 

 

Puntate precedenti:

Incidere un disco – 1. da dove partire 

Incidere un disco – 2. La scelta della band

Come tutelare la propria musica senza passare dalla Siae

Come tutelare la propria musica senza passare dalla Siae

Siae, non Siae, collecting estere, collecting italiane alternative… Troppo spesso ti passa la voglia di comporre. Approfitto della chiacchierata con Luca Ruggero Jacovella* su Soundreef della scorsa puntata, per provare a trovare una soluzione utile per i giovani autori.

Intanto: scrivo musica, sono giovane, vorrei tutelare le mie canzoni: devo per forza iscrivermi alla Siae?

No. Il costo annuale di iscrizione alla Siae non è ammortizzabile con i proventi dei borderò dei concerti, soprattutto per giovani autori che compilano prevalentemente borderò rossi (che non corrispondo a “riscossione certa” dei diritti) e che hanno difficilmente passaggi in radio o tv (attenzione: se il vostro brano passa in una radio locale, ed a volte anche in alcune nazionali, i diritti sono anche in questo caso non analitici. Ovvero, la radio paga un forfait di diritti che verranno distribuiti agli autori che “vengono trasmessi più frequentemente”, italiani e stranieri. Quindi, niente corresponsione certa, a meno che non siate Beyoncé).

Quindi servono alternative. Chiediamo a Luca.

  • Luca: Oggi è possibile tutelare le proprie opere dal plagio, ovvero poter dimostrare agevolmente la paternità delle stesse, in maniera telematica, a costi ridottissimi, e senza passare per SIAE (i cui costi anche per questa tipologia di servizio sono molto alti). Le principali soluzioni che conosco sono due: Patamu.com (piattaforma di deposito che collabora con Soundreef), e Tutelautore.com (portale di uno studio di avvocati). Entrambe rilasciano una “marca temporale digitale”, che, attraverso un sistema di crittografia, lega in maniera univoca l’opera (musica, poesia, saggio …) ad una data certa.
    E’ possibile anche scegliere il tipo di licenza con la quale diffondere l’opera, se in copyright tradizionale o “creative commons”. Patamu chiede un’offerta libera, mentre Tutelautore chiede solo 1 euro per ogni deposito di opera.

Una volta si diceva che bastava autospedirsi in raccomandata una busta con dentro i propri brani incisi, tenendola chiusa come prova. Ora si aggiunge che basta una registrazione di un live, magari pubblicato su YouTube o Vimeo o Soundcloud… Proviamo a chiarire bene la questione? Lo spauracchio del “plagio”, peraltro ben complicato da dimostrare in un tribunale, è un problema molto sentito.

  • Luca: la legge sul diritto d’autore, per quanto obsoleta in alcune cose, riconosce però la paternità della creazione (da cui il diritto dell’autore) nel momento stesso in cui nasce l’opera, senza alcuna formalità.
    E’ chiaro che però tale paternità va dimostrata, in caso di plagio. Anche la testimonianza di qualche ascoltatore potrebbe far fede. Per cui ogni strumento o testimonianza possono essere sufficienti, come anche la pubblicazione di una registrazione, di un video… ma ritengo non siano strumenti o supporti eterni: la pagina di pubblicazione del video potrebbe essere cancellata, il server di un sito potrebbe sparire…
    Per cui, ribadisco, la “marca temporale” è la migliore soluzione, agevole, sicura, economica e moderna. Anche con 1 solo euro di costo per un’opera intera. 

Aggiungo il fatto che non essere autori Siae ha una ulteriore facilitazione: suonando solo brani propri si può evitare il pagamento del borderò da parte dell’organizzatore del concerto, trattando direttamente il compenso per i propri diritti, rilasciando una certificazione che dichiari che i propri brani non appartengono al repertorio Siae

Luca, ma tu che ci bazzichi spesso ed hai il polso della situazione… com’è il clima in Siae? Davvero stanno cambiando le cose?

  • Luca: In SIAE ci sono almeno due “anime”: chi davvero sta lavorando alacremente per riformare tanti aspetti (da una più fedele ripartizione pensando ai “piccoli” autori, dal borderò elettronico all’abbassamento delle quote, ad un sistema più moderno e trasparente), e chi invece, per natura professionale o sensibilità diciamo “diversa”, pensa di più alla gestione economica della Società, attraverso investimenti immobiliari e quant’altro…
    Tra le persone emerite, vorrei menzionare Alessandro Angrisano, membro del Consiglio di Sorveglianza e Presidente Acep.
    In sostanza, qualcosa si sta muovendo, ma i tempi sono molto più lenti di quanto avviene in società più moderne e più piccole.

Okay. Attendiamo fiduciosi.

*Luca Ruggero Jacovella, musicista, consulente tecnico in Musica per il Tribunale di Roma, ha redatto un appello pubblico e relative linee guida per il riconoscimento del diritto d’autore nelle improvvisazioni jazz. Collabora con SosMusicisti

(Avete domande o volete delucidazioni? Chiedete, nei commenti, e vi sarà risposto. Guai a voi se vi lamentate di Siae, però, eh. Qui cerchiamo soluzioni, mica rissa…)

Soundreef, oppure i miei diritti me li gestisco da solo?

Soundreef, oppure i miei diritti me li gestisco da solo?

E’ un po’ che amici e colleghi mi chiedono cosa ne penso di Soundreef… ne ho parlato anche con Luca Ruggero Jacovella*, mio buon amico nonché punto di riferimento su norme, guazzabugli e leggende metropolitane sulla Siae ed il diritto d’autore. Insomma, uno di quelli che dialoga, che prova a cambiare le cose in Siae (grazie a lui e a Victor Solaris di SosMusicisti è stata abolita la norma allucinante di “sovrapprezzo” per esecuzioni oltre i 3 musicisti…) e non si lamenta e basta dietro un monitor. Cerchiamo insieme di dipanare un po’ di questioni.

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  • Soundreef Live è l’alternativa alla Siae? Quindi se mi associo non pago più la Siae?

Non è del tutto così.
Soundreef è un’alternativa alla riscossione dei propri diritti senza passare attraverso Siae. Ma possiamo farlo pure da soli.

L’autore può benissimo contrattare, oltre al cachet, anche i diritti dei propri pezzi. Quindi: ci si può affidare a se’ stessi, invece che a Soundreef, prendendo il 100% dei propri diritti, mentre Soundreef te ne assicura il 68%.

Quindi: “ciao, sono il gruppo “laflauta&iballaballa”, sono 10 fiorini di cachet più 2 fiorini di diritti. Non serve chiedere e compilare il borderò, ti rilascio una certificazione in cui ti dichiaro che sono pezzi miei e non sono autore Siae”. Apposto così.

Nel caso in cui si ritenga complicata questa “contrattazione” dei diritti, la soluzione Soundreef può essere una valida alternativa: hanno una metodica simile a Siae (permesso – ma online, borderò – ma online, deposito brani – tramite altro partner, e pagamento diritti – ma sempre analitico) oltre ad un’assistenza legale. Ma attenzione, parliamo SOLO di brani “inediti”, niente cover ne’ brani di altri. 

Luca:   Si, è proprio così.
L’artista (non iscritto a SIAE) può trattare autonomamente i propri diritti d’autore, così come il cachet della serata. Oppure, se una band propone solo ed esclusivamente proprio repertorio autorale,  si può passare a Soundreef. Si evita di dover contrattare di volta in volta i propri diritti (magari capita di vederli anche negati perché “comunque si viene già pagati per suonare …”).
Se però la band, o i singoli musicisti, prevedono di suonare anche solo qualche rara volta, un brano “famoso” del repertorio mondiale, allora costringerebbe il locale a richiedere ben due permessi: uno a SIAE per anche un solo brano noto, ed uno a Soundreef per le proprie opere.

Ricordiamoci di specificare di nuovo che chi è già iscritto Siae NON può contrattare da solo i propri diritti col locale. Il rapporto di adesione, o di “mandato”  è esclusivo, e la contrattazione dei diritti è collettiva.

  • Spesso si rimane in Siae perché si hanno diritti che provengono da lavori che passano in radio o televisione, mentre i diritti che passano attraverso i live scompaiono nelle pieghe del borderò rosso…  E’ possibile aderire a Soundreef  “a metà”, ovvero solo per i concerti?

Luca: E’ possibile, entro il 30 settembre di ogni anno, comunicare a SIAE la “limitazione di mandato” per una categoria di diritti,  valevole per l’anno seguente. Quindi, nel caso da te citato, l’autore può rimanere iscritto SIAE raccogliendo diritti su diffusioni radio-televisive, ed iscriversi a Soundreef per la sola musica “live”.

Ancora una specifica: il problema vissuto in prima persona dai musicisti “piccoli autori”, che non percepiscono quanto dovrebbero in base all’attività live, è vero esclusivamente nell’ambito dei permessi per “trattenimento/già concertini” (borderò rossi). Mentre invece, nei permessi per “concerti” (borderò blu) ed anche “trattenimenti con ballo” (sempre rossi ma con voce d’incasso diversa), la ripartizione avviene in modo analitico (e quindi, i diritti di ogni brano inserito nel borderò vengono corrisposti all’autore). 

Però il borderò blu, che dovrebbe essere quello corretto per il jazz, io stessa lo vedo di rado (nella foto: l’ultimo borderò che ho compilato…rosso….), e non parlo di locali, ma di teatri, festival…. Costa di più, ed alla fine Siae “favorisce” il locale (che per carità, versa comunque troppo) cercando di fargli pagare il minimo, a scapito dell’autore (per la quale Siae dovrebbe lavorare…).

Luca: Si è vero. Il permesso per concerti (borderò blu) ha un costo minimo di circa 100 euro + iva, quindi anche più del doppio di un permesso per trattenimenti. Ma qui entra in ballo anche un criterio di valutazione molto discutibile applicato dalla SIAE: loro distinguono in “Spettacoli/Concerti” quando il pubblico è “passivo”, e in “Trattenimenti/già concertini” quando il pubblico è “attivo”, e l’evento musicale assume carattere accessorio rispetto all’attività principale del locale. Può sembrare surreale ma queste sono le “categorie” di pensiero applicate.

Quando guardiamo le foto e i filmati d’epoca del jazz in America, con tutti i grandi che hanno fatto la storia di questa musica suonare davanti a tavolini con bicchieri e a un pubblico giustamente “partecipativo”, beh … applicando le categorie usate dalla SIAE, sarebbero tutti “Trattenimenti”, quindi una forma inferiore allo spettacolo d’arte vero e proprio! Da cui la ripartizione non-analitica (“perché tanto si intrattiene con i maggiori successi già identificati …”).

Vorrei concludere col mio solito “sermone”: c’è bisogno veramente di nuove forme di pensiero e di cultura musicologica per gestire i diritti derivati da attività creative degli artisti sempre più trasversali e innovativi rispetto al passato. E’ curioso notare però come anche la modernissima SoundReef adotti terminologie e parametri identici a quelli della SIAE.

Già, curioso….

*Luca Ruggero Jacovella, musicista, consulente tecnico in Musica per il Tribunale di Roma, ha redatto un appello pubblico e relative linee guida per il riconoscimento del diritto d’autore nelle improvvisazioni jazz. Collabora con SOS Musicisti. Ed è una gran bella persona (okay, questo non è nella biografia ufficiale).


Domani approfitterò nuovamente di Luca, parleremo di come tutelare la propria musica senza passare dalla Siae (consigliatissimo ai giovani autori).

(Avete domande o volete delucidazioni? Chiedete, nei commenti, e vi sarà risposto. Guai a voi se vi lamentate di Siae, però, eh. Qui cerchiamo soluzioni, mica rissa..)
Aspettative mancate

Aspettative mancate

Danzavamo piano.
Avevo un caminetto acceso che illuminava la stanza, un tappeto sotto i piedi, la mia piccola creatura fra le braccia. Una solitudine attorno che ci stringeva, la calma che assorbiva un mondo che stava scivolando via, come se quel velo di illusioni che “tutto sarebbe andato bene” fosse diventato troppo trasparente, troppo inutile.

Dondolavamo, cullandoci lentamente, per inerzia, con una ballata rock con un flauto un po’ stonato ad accarezzarci, in eterna ripetizione per chissà quanto tempo. Faceva freddo, faceva sempre tanto freddo in quella casa, e non c’era mai abbastanza legna per scaldarci, e abbastanza soldi  per poter dormire la notte, e abbastanza lucidità per poter comprendere l’inutilità di credere ancora nella favola della famiglia felice.

Una ninna nanna bizzarra, la preferita di un neonato che rimaneva con gli occhi semiaperti, come ad ascoltare quella musica e forse i pensieri della mamma. E mamma cantava, a fil di voce, e le parole prendevano sempre il verso giusto per disegnare la nostra vita, sembravano scritte apposta per noi.  E il cuore che sembrava bruciare. Forse sì, brucia per incenerire le aspettative e l’affetto. Certi dolori servono, e bisogna viverli fino in fondo per eliminare ogni traccia d’amore.

Certe malattie non si superano mai, lasciano cicatrici che col cambio di stagione si fanno sentire. E ti torna tutto alla mente, la sofferenza sottopelle, e forse ancor più forte di prima.
Le aspettative. Quelle cazzo di aspettative che ti inculcano quando sei bambina, quell’essere due tutta la vita, la famigliola felice, qualcuno che si occupa di te e che ti vuole anche quando non sei più così perfetta.

Ma questa è un’altra storia. Si parlava di una danza, con l’unico amore che non ha mai tradito le mie aspettative. Forse una delle poche motivazioni che rimangono per cercare, ancora una volta, di inventarmi una strada da percorrere.  Perché davvero, non so mica dove andare, adesso.

 

 

Impassibili

Impassibili

Arriva quel momento delle feste. Giulia spegne il sorriso, abbassa gli occhi verso il bicchiere. Annulla i suoni intorno, ascolta la musica, probabilmente il pezzo giusto, nel momento sbagliato.
Torna ad avere 15 anni, con la ribellione di una vita che non aveva voluto così, senza aver bene in testa quale avrebbe desiderato vivere. Torna ai 15 anni dell’incoscienza, della disperazione profonda, dell’incomprensione del mondo, della voglia di scappare di casa.

Come il mare quando si ritira, svelando la costa e quello che costruisce le sue rive, torna la sua vita e le sue palizzate, i suoi castelli di sogni sommersi, desideri obsoleti ed enormi rimpianti. Gira il vino nel bicchiere, come a voler scongiurare lacrime insulse.  Pensa alle labbra avute, alle promesse credute, alle vie intraprese e lasciate, come se tutto fosse stato trascinato da un amore od un altro, come se tutto dipendesse dall’unirsi in un’altra solitudine. Se lo chiede, se tutto si risolve cambiando barca, ricominciando a navigare con altri capitani. E scoprire le nuove maree, e fidarsi di nuovo di dargli il timone, ritrovandosi di nuovo in alto mare con solo branchi di rassegnazione intorno.

E’ tutto uguale, è sempre tutto ciclicamente uguale? Ognuno è uguale, identico, tutto si ripete qualsiasi scelta si faccia? Si guarda intorno: prova ad invertire le coppie, a giostrare i destini, le catastrofi e la noia, i figli e le verginità, le lauree e la fabbrica. Tutto potrebbe comunque funzionare, alla lunga anche le rocce di piegano e si adattano.

Ma chissà perché, per lei non c’è adattarsi, non c’è rassegnarsi, non c’è mai essere appagata.
Non si accontenta mai. E’ quello, quello che la rende sempre infelice.

Si alza in piedi, chiude gli occhi e come un vip di periferia balla col bicchiere in mano, il vino che ondeggia disperato nel vetro, mettendo in ordine le decisioni impassibili, impassibili sì, da prendere, oggi o domani. Appena trova il coraggio di un’altra solitudine.

#siaenograzie – gli appuntamenti a Mestre, 12 aprile 2014

#siaenograzie – gli appuntamenti a Mestre, 12 aprile 2014

1277865_10152248080194706_2134413700_oCi siamo, sabato è il 12 aprile.

Il buon Andrea Caovini è riuscito, sbattendosi abbastanza, a fare rete, a riunire noi musici di buona volontà ed esercenti di altrettanto buona volontà per organizzare una serie di eventi, tutti appunto nella giornata del 12 aprile 2014, sotto l’egidia del diritto d’autore, come diritto degli autori e non come proprietà della Siae.

Sia chiaro. Io non ce l’ho con la Siae. Sono un’associata, figuriamoci se. Faccio solo tutto il can can possibile perché voglio provare a cambiarla. A renderla trasparente, innanzitutto, quindi facendo informazione, e poi provando a spingere, assieme a molti altri, verso una vera svolta.
Una svolta con la testa dei musicisti, quelli che lavorano nel 2014, non quelli salvificati da un successo radiofonico negli anni 60/70/80, e che ora campano con il pagamento degli altrui borderò.

Quindi: la lista dei locali e musicisti che hanno aderito e relativi eventi la trovate qui, l’evento generale su facebook da poter condividere è invece quest’altro . Ricordate, ogni condivisione, like e partecipazione fa aumentare la risonanza dell’iniziativa (indicizzando la cosa). Quindi, se non potete partecipare almeno fisicamente, fatelo coi social: facciamo girare. Facciamoci sentire.

A Mestre (casa mia insomma) due locali e molti musicisti hanno autonomamente organizzato due eventi distinti. In entrambi i casi tutto ciò che verrà suonato è esente da qualsivoglia richiesta di pagamento di diritti d’autore: sono tutti brani in common creative, o improvvisati, o della tradizione. Io mi sto attivando per partecipare ad entrambe le jam che seguiranno ai concerti principali.

Siete tutti caldamente invitati, amici musici, sul palco; pubblico sostenitore (che paga la Siae su ogni device che acquista, siamo tutti azionisti eh..) in platea a dar man forte.

 

Il primo appuntamento in ordine di tempo è dalle 18 al Palco

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“All’ora dell’aperitivo sabato 12 aprile: ad una resident band acustica, formata dal trio EVE (Elisa Vedovetto-Francesco Clera-Federico Della Puppa) e da Anna Maria Dalla Valle, si aggiungeranno via via altri musicisti che hanno già aderito all’evento, tra i quali Roberto Borghetto, Paolo Corsini, Toni Costantini, Michele Russo e altri che si aggiungeranno in una jam acustica nella quale agli echi ambient e spiritual jazz si sommeranno brani classici esclusi dal diritto d’autore, avendo superato la soglia dei 70 anni”

(cliccate sulla fotina per aderire all’evento su FB e per farlo girare)

 

 

Dalle 20 parte il secondo evento, al Palaplip di Mestre:  “ANKENO’ – Serata live per i diritti d’autore, contro i doveri d’autore”.

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20:30 –Mr. Wob & the Canes. Voodoo blues
21:30 – Salvi & Liberi Subito. Neoplasia veneta su corpi in decadimento
22:15 – Fabio Zona e i Supernova feat. Acoustic Spirit. Rock d’autore from Roma
Jam session finale

(cliccate sulla fotina per aderire all’evento su FB e per farlo girare, ve l’ho già detto prima!)

 

Condividete. Avvisate amici, stampa, chiunque possa esser utile.

Usate l’hastag #siaenograzie per dire la vostra, su twitter, su facebook.

E se passate ai due eventi qui sopra, passate a salutarmi.

 

12 APRILE 2014 – Primo evento Nazionale ESENTE SIAE!

12 APRILE 2014 – Primo evento Nazionale ESENTE SIAE!

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La vogliamo fare davvero una cosa “attiva”, invece che limitarci a lamentarci (noi musici, noi organizzatori, noi gestori di locali, noi associati Siae) ?

Il buon Andrea Caovini ha lanciato l’invito: sabato 12 aprile 2014 organizziamo tutta una serie di concerti, in tutta una serie di locali, bar, pizzerie, piazze, dandoci una mano tutti per far sentire la nostra voce. Un evento esente Siae. Ovvero chi organizza NON paga la Siae. Nessuna illegalità, s’intende: i musicisti proporranno un repertorio di pubblico dominio, che non prevede quindi alcun pagamento per i diritti d’autore, in quanto i diritti sono “scaduti” (i famosi 70 anni dalla morte dell’autore), oppure di brani non depositati, o in common creative, di autori non associati Siae.

E’ un messaggio chiaro. In primis quello che SIAE NON PUO’ PIU’ TASSARE A PRESCINDERE ogni evento musicale. E soprattutto, che nemmeno noi associati troviamo convenienza nell’insistere per compilare un borderò a fine serata, perché non ci verranno pagati i diritti per i nostri brani: saranno sempre suddivisi a casaccio tra i grandi autori (o autori vip, come meglio definirli?) che nulla c’entrano col nostro concerto. E anche peggio: il costo Siae per i nostri concerti ricadono sulla definizione del nostro cachet.

Come aderire?

Innanzitutto visitiamo l’evento su facebook ed aggiungiamoci. Possiamo postare i nostri dubbi (“oh ma il mandante Siae qui mi fa storie, dice che devo pagare lo stesso!”) ed avere risposte e supporto tecnico-legale qualificato.

Tutti gli eventi che aderiranno all’iniziativa avranno la giusta visibilità, oltre a fare qualcosa CONCRETAMENTE.

Segnalatevi come locali, ma anche come musicisti. Per quanto riguarda il Veneto (ed il veneziano in particolare) mi metto ovviamente a disposizione a far da tramite.

Vi copincollo le indicazioni direttamente dal Blog di Andrea Caovini:

 “SI CHIEDE PER TALE DATA UN AIUTO A TROVARE UN ALTO NUMERO DI LOCALI (Live Club, Ristoranti, Enoteche, Teatri, Sale per Conferenze, Associazioni, Circoli…) SUL TERRITORIO NAZIONALE DISPOSTI AD ORGANIZZARE L’EVENTO E LA DISPONIBILITA’ DEI MUSICISTI CON REPERTORIO LIBERO AD OFFRIRSI A CACHET MINIMI QUANDO NON GRATUITAMENTE DOVE POSSIBILE PER INVOGLIARE UNA PARTECIPAZIONE TOTALE CHE METTA IN EVIDENZA IL DISAGIO DI TUTTO IL SETTORE, COSTRINGENDO I VERTICI DELLA SIAE AD AFFRONTARE IL PROBLEMA PER TROVARE UNA SOLUZIONE CONGRUA CHE RIDIA SLANCIO ALLE ATTIVITA’ CULTURALI IN ITALIA. LA SPERANZA E’ INOLTRE CHE IL PARLAMENTO INIZI AD ANALIZZARE I DIVERSI DISEGNI DI LEGGE ARRIVATI DA OGNI PARTE POLITICA PER RIVEDERE A FONDO LA LEGISLAZIONE SUL DIRITTO D’AUTORE, RISALENTE AL 1941, CHE VA NECESSARIAMENTE AGGIORNATA SECONDO CANONI ATTUALI CHE PREVEDANO TUTTE LE FATTISPECIE CHE L’ERA DIGITALE HA COMPORTATO.”

A sabato 12 manca poco. Su, diamoci da fare! Proponetevi come locali, chiamate un gruppo di musicisti che conoscete e proponete la cosa (chiarite bene il tipo di repertorio!). Voi musicisti, fate lo stesso: contattate il locale dove suonate più spesso… proponete, organizzate. Proviamoci. Sarò felice di pubblicizzare ogni vostro evento organizzato in tal senso, ovviamente.

Proporrei anche di usare l’hashtag #siaenograzie per far rimbalzare ancor più l’iniziativa.

Se io, con un post su di un blog, ho fatto tutto sto casino st’estate…. figuriamoci tutte le nostre NOTE LIBERE in giro per l’Italia!

Su! Daje!

 

 

Copia Privata? Equo compenso?

Copia Privata? Equo compenso?

Sono così stanca di parlare di Siae. Così stanca.
Ma in settimana ci son stati due avvenimenti: il resoconto semestrale, con cui ci mangio una pizza, e una zelante mail della sede centrale.
Quando mai Siae ci ha mandato una mail? Incredibile.

Forse vuole dirci che…

d’ora in poi comunicheremo così. Niente autorizzazioni, programmi musicali, modelli da ritirare in sede provinciale, ora è tutto online, basta con i mandatari (a volte truffaldini), basta con i depositi fatti per posta su modelli firmati in calce e scritti a mano, da adesso tutto viaggerà per email.

i borderò saranno online, compilati in parte prima in parte dopo in concerto. I controlli vengon fatti con programmini stile Shazaam o Soundhound. Tabelle precise e uguali per tutt’Italia. Ricezione senza errori del programma musicale e distribuzione dei diritti in modo analitico, quindi tutti, proprio tutti, specificatamente.

– sezione online in cui gli autori segnalano l’uso dei propri brani (trasmissioni radio, tv, spot..), così ne beneficiamo sia noi autori che la casamadre.

– libertà dell’autore di decidere per il common creative, qualora ne sentisse la necessità (beneficienza, eccetera).

– istituzione del diritto di improvvisazione e di arrangiamento, figata, come in Francia! Se incido un arrangiamento  e improvviso su “La Gatta” di G. Paoli, ora 1/12 è destinato a me!

– …. han deciso di equilibrare la tassa di iscrizione in base al “giro d’affari” di ogni autore… Quindi io che prendo meno di 50 euro l’anno pago meno di chi ne prende 500mila.

 

….ah no. Mi chiedono di aderire ad una petizione. Guarda, l’ha già firmata Baglioni, Gualazzi, Elisa, Pausini, Verdone (Verdone??), … manco solo io.
Spe’… è la petizione che “aumenta” la quota sulla copia privata? Quindi la pagherò pure io, o meglio, già la pago, semmai la pagherò di più, in quanto consumatore.  Sul telefono, sul tablet, sulla chiavetta USB.

Però ne guadagnerò io come autAH NO, guadagnerei solo se fossi tra i più “trasmessi” autori d’Italia.
Dicono che magari penseranno ad una quota per i giovani autori. Dicono, così, per fare bella figura.

Ma io non sono giovane. E faccio jazz. E mi trasmettono ogni tanto, ma boh, sul resoconto non c’è traccia. Ed il brano più trasmesso in radio è “Get Lucky”, ecco, i soldi andranno a Get Lucky, mica a Music Power.

Lo so che siamo una rogna, noi piccoli autori. La Siae dovrebbe esser fatta solo da loro vip, noi siamo inutili (fino a che non serva la nostra firma…). Il problema è che non ci è concesso fare una succursaleSiae-per-sfigati, abbiamo una unica opzione, per legge.

Quindi? …  Non so voi. Ma io non firmo. Ma col cavolo proprio.

Anzi: firmo contro. Fatelo anche voi (a questo link, metà pagina) . La campagna la promuove Altroconsumo, ha già presentato le firme al Ministro Bray, che aveva sospeso infatti l’approvazione a tale aumento… Mo’ si ricomincia con Franceschini. Facciamoci sentire.

…amici Siae, lo so che vi state dannando per far passare questa legge (articoli, riunioni coi ministri, …addirittura mail nominali agli associati..), sarebbe tanto bello impiegaste tutte queste energie in altro verso:  i problemi sono altri.

 

 

I sogni degli altri

I sogni degli altri

Gira il cacciavite tra le mani da impiegato. L’ennesimo mobile svedese da far crescere in casa, come frammento del puzzle familiare. Ma niente, non va. Le cerniere non coincidono. Non è calmo, per niente. Non gli viene affatto da ridere. Ha quarant’anni, è seduto in terra e sta montando un maledetto mobile, maledetto, e lo grida, maledetto, che la moglie e i ragazzi son fuori, maledetto.

Lancia tutto in terra, il cacciavite rotola impazzito fino al tappeto, il mobile ondeggia.  Cazzo ci faccio qui.

Si alza, esce. Boh. Esce perché gli va di uscire. Nessuno gli ha detto che deve uscire. Ma esce, come d’istinto s’esce da un incendio di pensieri.

Scappa nella gente del pomeriggio, invisibile sotto una coperta d’incosciente presa di coscienza. Cosa cazzo. Il mobile, lo vuole lei il mobile, e l’amo, e sono stronzo a pensarlo, la famiglia, eccetera. Come se amare una donna significhi che devi farci famiglia, come lei desidera. Ecco, lei desidera. Che fosse per me, fosse per me (ma la amo, eh, la amo) fosse per me (ma cazzo dici!) fosse per me stavamo insieme mille anni senza costruire un cazzo, vivendo tenendoci la mano (sei un immaturo sei, un immaturo) e vivendo senza un legame, stando insieme solo quando ci va (ma allora non la ami più) ma no, cosa c’entra.

Che poi, c’è anche il lavoro. Manco si ricorda cosa gli piaceva fare. Ah sì, voleva suonare il basso. Ne ha pure uno, che suona come un barbone in camera, e ogni volta che suona lei lo chiama per sistemare quella cosa in cucina, o devono andare dai suoi, o cazzo ne so. (Ma non è colpa sua).

Poi è arrivata l’occasione. Suo fratello, davanti al caffé del dopopranzo, sopra la tovaglia con le fragole, lo ha coinvolto, diamine, è un sogno, un’agenzia tutta nostra. Anni di sacrifici, essì, ma è giusto per il nostro sogno, poi ci piacciono le macchine, mettiamo su un’agenzia e ci lavora la Cristina (Dio che bella la Cristina). E ha realizzato il sogno, ha la casa e la moglie che ama, e l’agenzia, il lavoro che ha sognato eccetera.

I sogni degli altri. Come diamine s’è incagliata questa mia vita nei sogni altrui, passati come fossero i miei.

Incrocia la Sandra, coi figli e le borse della spesa. (Penserà sono un pazzo, mi invento una scusa) Ah ciao, eh sì, devo andare dal ferramenta, sai, la Ale ha preso un mobile… (boh, la Sandra forse la beve). Un metro, gira l’angolo, salvo, dalle spiegazioni per la marea di ansia.
Guarda la gente, intorno, quasi fosse una telecamera di sorveglianza: si gira, memorizza le azioni, va oltre, senza esser notato. Li fissa, li giudica, e li giudica contenti. (cosa cazzo mi manca!). Loro non vivono i sogni degli altri. Loro hanno i loro, magari nemmeno realizzati, ma almeno ne hanno, hanno qualcosa su cui lamentarsi.

Ecco appunto, che ti lamenti a fare? Hai tutto quello che.

La vetrina dell’agenzia, Cristina e le sue gambe accavallate che dondolano a tempo, le dita che saltellano sulla tastiera numerica, l’unghia azzurra a tener alzati due fogli del blocco.
“Vieni di là”, che ho bisogno.
Ho bisogno di quelle unghie che mi segnano la schiena, sotto la camicia, ho bisogno dei tuoi fianchi al mio ritmo, senza svestirti del tutto, senza doverti baciare, senza chiedere e spiegare. Trascinarti sopra le carte dei numeri, immergermi nei tuoi capelli e dimenticarmi del mondo. E morderti, strapparti di dosso il piacere, e proseguire oltre, senza fermarmi a darti fiato, per ritrovartelo ancora, di nuovo, spettinata e con il trucco che scivola nel rossore del tuo viso.

“Caramella?”
Eh, non posso, la Ale dice che la menta mi aumenta il reflusso. (Ah, seduttore nato, proprio). Esce dall’agenzia, prendendo un foglio qualsiasi, di nuovo vergognandosi di non aver motivazioni. Non ho sogni, non ho motivazioni, nemmeno sensi di colpa.

Riprende il cacciavite, riprova con la cerniera, ora chiude. E’ perfetto, non me lo sognavo nemmeno ci stesse giusto in fianco alla libreria. Non me lo sognavo, proprio.