Don’t Explain
Volete davvero che vi racconti di quella volta?
Ah, mica c’è molto da dire. E’ tornato a casa, uno dei miei mariti sbagliati, con addosso un’altra. Il suo odore, le sue carezze, i baci di un’altra, il rossetto di quel rosso che ti prende a schiaffi, stampato sul collo della camicia, una camicia bianca, candida come le sue bugie. Ma che si fotta, lui e le sue bugie.
Gli uomini pensano sempre che non ce ne accorgiamo, quando non ci amano più, solo perché non glielo diamo a vedere. Ah, ma io lo so. Mi accorgo dalle piccole cose… ad esempio, non mi menava più. Perché quando ci si mena, anche quello è amore, perchè non permetti ad altri di farlo.
Mi hanno violentata. Ero una bambina. E poi ancora, due anni dopo. E sai il ridicolo? Mi han cacciata in riformatorio due volte, come fosse stata colpa mia, proprio io che non m’abbassavo a prender i soldi con le cosce, come le altre puttane del bordello. Per quello mi han chiamata “lady”, che credevi?
Il mio primo marito mi ha regalato la dipendenza dall’oppio. Il secondo ha fatto meglio, mi ha dato l’eroina. E’ per quello che son qui dentro, la testa tra le mani e nemmeno la forza di prendere il secondino a calci. Mi son voluta difendere da sola, o condannare, ecco, meglio. Perché non so uscirne da sola, perché è colpa mia, se non so smettere con la roba, e se non so amare che bastardi, e non so essere una donna migliore di questa baldracca nera che vedo allo specchio.
E se sono sola. Invisibile in mezzo al mondo, che ti fuma pessimo tabacco addosso, si pulisce i piedi sul tuo corpo, si vergogna di te e del tuo sporco colore. E non sa proteggerti, mai, da questo maledetto dolore che mi mangia dentro.
Tremo, d’astinenza. Cerco, nella mia testa, un pensiero bello che mi aiuti ad arrivare a domani. Son ore che ci penso. Mi viene in mente solo Prez. Prez che mi carezza i capelli con le sue note, il suo sax che brilla, il fumo della sua cicca che si alza, leggero, a disegnare il blues che dovrei cantare. I nostri blues… io, la sua sorella voce, che gioco a note come fa lui, pensandomi anche io come uno strumento che soffia fuori emozioni da un tubo.
Ma la voce non esce. Non riesco, non riesco più a cantare, qui. Qui, “dentro”.