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Dàghe.

Dàghe.

E d’un tratto,  il cervello si fermò, di fronte ad una dichiarazione luminosa.

Le rotelle delle lamentele, delle indecisioni, della confusione e della paura, tutte ferme. Tipo, guardi due ore come metter quel bullone impossibile da incastrare, e d’un tratto… guardalo là, il verso giusto, per forza.

Sapeva perfettamente quello che voleva. Sapeva pure come farlo. Bastava iniziare, e per Dio, basta rimandare. Adesso siamo grandi, abbiamo capacità e mezzi. E se non sappiamo se siamo abbastanza bravi, è solo perchè non ci basta mai sentircelo dire. O perchè siamo talmente idiotamente vanitosi che temiamo di, che scandalo, sbagliare.

Condividere, poi, ah, bel discorso. Condividere significa prender le idee tue e mescolarle con gli altri, scendere a compromessi, infestarle in modo diplomatico con quelle degli altri.  Come se da soli non si sapesse camminare, come se non si fosse (come invece è) comunque soli.

Che poi, i progetti migliori erano stati i suoi, quelli dove ci metteva la faccia, dove veniva punita ed esaltata, ma lei sola.

Un’illuminazione. Vado, decido, faccio. Niente di tanto preoccupante.

Raccolse le idee, pianificò gli ingredienti necessari, e senza proferir parola a nessuno, iniziò.

 

 

(e magari pensò al cambio del template del blog, nei momenti liberi)