Siae vs tecnologia, non ce la possiamo fare.
Tredici. Di giugno. Non quel tredici lì, quello delle cassette, ma quello dei dischi, dei borderò, dell’Assemblea Siae.
Ma sempre di suspence e di terrore per tutta la puntata si tratta.
La Vostra, qui, non è andata a Roma ma il resoconto può farlo, è necessario: la segue via streaming.
Eh, streaming. Fai presto a dire streaming. Dovevi passare il primo livello (‘a telefonata cor còre de ròma) nel quale dovevi comprendere le indicazioni del gioioso telefonista Siae per accedere alla votazione online. Quindi verificare la Pec gentilmente offerta da Siae, mandare documenti, attendere sms, prendere codici, bla bla, tutto traducendo dal prepotente accento romanesco che esce qua e là da un sottofondo che manco al mercato del pesce con le moeche in offerta.
La cosa commuovente: il telefonista che ti ringrazia. E tu sai che è sincero. Le bestemmie che si deve prendere quotidianamente appena pronuncia “La chiamo da parte di Siae….” le conosce solo lui.
Inizia l’assemblea, parla il Gran Mogol di Siae, Filippo Sugar (nessuna parentela con quello sul tetto che aspetta Lorella Cuccarini). Illustra la situazione attuale, dopo 5 anni di grandi innovazioni. Il portale autori, il borderò online, il deposito online, cosucce che chiesi a gran voce a suo tempo e che finalmente sono fruibili da tutti noi associati. Se funzionassero.
Poi Sophia, il cervellone che seziona tutta la musica ovunque e che ci succhia fuori i diritti che ci spettano. Uhm.
Poi altre cose (ma non essendo io un organo Siae, non sarò esaustiva) e la sensazione che “Evvai, abbiamo passato il gap. Siamo fichissimi, ora funzionerà tutto, viva l’innovazione! Vedi, vedi che la Flauta si lamentava tanto, eh, adesso di cosa ti lamenti, che funziona tutto? Eh? Eh?“.
Scherzi a parte, l’ottimismo prevale. Gli interventi dei rappresentanti delle liste sono dello stesso tenore, poche polemiche e molta voglia di fare.
“Dai, la sufficienza gliela diamo quest’anno, si è impegnato”.
E ora via, si vota! E quest’anno per la prima volta anche da remoto! Chi non può andare a Roma, chi non può delegare (delega notarile, mica due righe via fax) può fare da casa, come me, con la procedura che mi consente di far valere i miei miseri voti (sono in base al proprio “fatturato” Siae) ed assistere “come se fossi lì” all’assemblea.
Inizia. A Roma vanno tutti verso le postazioni coi tablet, ognuno col proprio badge con caricate eventuali deleghe. Io a casa attendo l’sms col codice per poter votare. Attendo. Attendo. Atten(okay, avete capito).
“Ehm, scusate, c’è un problema, nella scheda sui tablet manca una lista” “Dobbiamo rifare da capo”
(“ma la gente è fuori dalla sala, alcuni sono andati a casa” “ma fermateli alle porte” “richiamali” “hai il numero di telefono?” “no vabbè, che si fa?”)
I microfoni del palco sono aperti. Via streaming seguo impotente alla tragedia. Nel frattempo non han caricato nemmeno la delega del signor Cutugno Salvatore (…), diamine. Anche questa ci voleva. Fermi tutti. Chiama Esercito.
Passa mezz’ora. I commenti (e le telefonate a casa) risuonano nello streaming, inclusi suggerimenti inquietanti. “Beh, l’assemblea non è chiusa, quindi se sono andati a casa colpa loro, amen, andiamo avanti“. Sono basita.
Brusio in sala, polemiche, panico. Fermate le porte, chiudete le finestre, chiamate a casa, contiamoci, di chi è la colpa di tutto questo?
Il popolo dello streamNO COSI’ NON MI PIACE Gli associati che seguono la diretta comprendono che la colpa è della società incaricata del voto informatico, grazie alla soffiata di qualcuno che esclama “….otto mesi debbbando, in svizzera, sto cazzo, dovevamo annà proprio in svizzera!“. Okay, abbiamo capito.
Sugar prende la parola. E’ il giorno peggiore della sua vita. E’ presidente dimissionario, sperava di scamparla, finalmente, e invece. Chiede scusa, non è colpa mia, sono mortificato. Ti viene da abbracciarlo, lui e la sua camiciola bianca, che si erge sopra i mal consigli di chi vorrebbe in qualche modo “far lo stesso” “tenere un basso profilo”. Lo dice chiaro, Siae e quest’assemblea non meritano questo. Si rifà. Si riconvoca l’assemblea, si rifà la votazione.
S’alza forte l’urlo del malcontento. Non inquadrati gente che sventola deleghe da rifare, biglietti del treno da rimborsare, s’odono le voci dei noti della direzione che si chiariscono vicendevolmente le idee.
Il mio sms non è arrivato, ovviamente.
Termino lo streaming con la tristezza del volto del buon Sugar, che sperava che almeno questa andasse dritta. Rassegnato. Si cercherà una nuova data, una nuova sede, si chiederanno i danni alla società svizzera, si rifaranno deleghe, biglietti del treno, convocazioni, bla bla.
E’ chiaro, raga. La tecnologia ci è contro. A prescindere.
Ma noi musicisti lo diciamo da anni: meglio usare la matita che Finale craccato.
Facciamo ad alzata di mano, daje Fili’. Va bene uguale.